“Quando i figli commettono gravi errori, i genitori finiscono sempre col darsi la colpa, ma io ho fatto tutto il possibile e penso piuttosto che lui sia stato logorato all’interno”. Valeria Collina, convertitasi all'Islam da quasi trent'anni, è la madre di Youssef Zaghba, il terrorista 22enne nato a Fes in Marocco con doppia cittadinanza, ucciso dalla polizia inglese insieme ad altri due attentatori a Londra dopo gli attacchi al London Bridge e al Borough Market, rivendicati dall’Isis. “L’italiano” del commando, arrivava per brevi periodi nella frazione di Castelletto di Serravalle, nel Bolognese, a trovare la donna, che è tornata in Italia da circa un anno e mezzo, dopo la fine del rapporto burrascoso con il marito, tuttora residente in Marocco.

“Abbiamo sempre controllato le amicizie di nostro figlio, stando attenti che non frequentasse persone sbagliate – racconta Valeria ai giornalisti dell’Espresso – però usava parecchio internet, ormai è da lì che parte tutto. Né in Italia né in Marocco, dove frequentava il corso di informatica all’Università di Fes, si era mai lasciato coinvolgere da qualcuno”.

Il fermo all’aeroporto di Bologna

Il ragazzo nel marzo 2016 era stato fermato a Bologna mentre tentava di imbarcarsi per la Turchia con la chiara intenzione di raggiungere la Siria per andare a combattere: da allora era segnalato alle forze dell’ordine di tutta Europa come soggetto a rischio. “Mi disse che sarebbe partito per una gita di tre giorni a Roma, lo accompagnai all’aeroporto, ma qualche ora dopo mi chiamarono per raccontarmi delle sue intenzioni – racconta la madre – in quell’occasione ho conosciuto gli stessi agenti della Digos che poi sono venuti a darmi la notizia della sua morte”.

La donna ricorda come la Siria fosse per il figlio un luogo dove vivere secondo i precetti di un islam puro, secondo le idee che gli avevano inculcato dal Web. A nulla erano serviti i suoi richiami: “Gli ho sempre detto che c’erano cose orribili che non gli mostravano”.

Le amicizie di Londra

Secondo la madre il ragazzo era cambiato a Londra: “Non mi piaceva il quartiere dove viveva, è lì che ha frequentato le persone sbagliate” aggiunge la donna.

E in effetti, secondo gli inquirenti, due dei tre terroristi, tra i quali lo stesso Youssef, avrebbero lavorato presso il Kentucky Fried Chicken del quartiere di East Ham, ristorante frequentato anche dal terzo uomo del gruppo di attentatori. Ed è li che Valeria si sarebbe dovuta recare tra dieci giorni: “Ne abbiamo parlato nella nostra ultima chiacchierata, in quella, che nei suoi intenti, sarebbe stata una telefonata d’addio – ricorda la donna – abbiamo scherzato sul mio arrivo a Londra, ma sentivo dalla sua voce che c’era qualcosa che non andava”.

Subito dopo quella conversazione si sono perse le tracce di Youssef, fino alla strage. Ora Valeria ha un nuovo viaggio da intraprendere: “Dedicherò la mia vita per fare in modo che non accada più nulla di simile, cercando di far conoscere il vero Islam alle persone, aiutando le famiglie a riempire il vuoto che possono incontrare i loro figli: solo con la conoscenza possiamo combattere l’ideologia dello Stato islamico ed il terrorismo; d’ora in poi lo farò con tutte le mie forze”.