Il braccio di ferro tra i dirigenti aziendali e i lavoratori è iniziato quattro anni fa. A denunciarlo sono i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil. Nel 2013 la Vibac ha avviato una procedura di licenziamento collettivo, afferma nel comunicato stampa la Filctem Cgil, perché paventava la chiusura dello stabilimento di Termoli. Una minaccia, affermano i sindacalisti, che ha sortito il giusto effetto a favore della ditta e a discapito dei lavoratori, i quali hanno rinunciato a qualche migliaia di euro l’anno e accettato un contratto di secondo livello, pur di non perdere il posto di lavoro.

Il pugno di ferro per aver ragione sui propri lavoratori è però stato usato la scorsa settimana, accusano i sindacati, quando un operaio è stato licenziato per aver usato Facebook durante l’orario di lavoro.

Licenziato senza giusta causa

A questo punto ci penserà la magistratura a stabilire se il lavoratore, sposato e padre di due figli, ha diritto ad essere reintegrato sul posto di lavoro. Ma per i sindacati è chiaro: si è trattato di un sopruso. “Non lo hanno licenziato per gravi violazioni che possono essere facilmente verificabili – dicono i sindacalisti – non hanno alcun diritto di disporre del destino di un padre di famiglia senza giusta causa”. Il 42enne F.D.F è stato accusato dai dirigenti della Vibac di aver scritto dei post offensivi per l’azienda su Facebook, motivo per cui è stato sospeso per due giorni dal posto di lavoro.

Fidando sul fatto di aver pagato abbastanza per i commenti espressi sul famoso social network, il lavoratore ha continuato a lavorare rigando dritto. Ma a distanza di pochi giorni arriva la mannaia: la lettera di licenziamento. F.D.F stavolta è stato incolpato di aver usato Facebook durante l’orario di lavoro. “L’acceso al social network non può essere provato senza la geolocalizzazione – affermano i sindacalisti – e non può nemmeno essere dimostrato il danno che questo avrebbe provocato all’azienda, qualora fosse vero, né viene menzionato né tantomeno descritto, tra le cause del licenziamento.

Sarà – continuano laconici i sindacati – ma solitamente quando i danni sono evidenti le aziende non solo ci tengono a renderli noti, ma tendono anche ad ingigantirli”.

Un clima di tensione all’interno della Vibac

Il licenziamento dell’operaio è solo la punta dell’iceberg, afferma la Cgil. “Gli operai sono impauriti dalle reazioni scomposte dell’azienda e non denunciano più gli incidenti che capitano sul posto di lavoro – accusa il comunicato stampa del sindacato – a causa dei tanti pallet di materiali lasciati in giro per lo stabilimento.

È diventato un tabù parlare del poco criterio con cui vengono stipate le montagne di materiali e che hanno compromesso gravemente la sicurezza sul lavoro dei dipendenti dell’azienda. I lavoratori hanno paura di parlare perché altrimenti l’azienda si incattivisce sempre di più”. Secondo i sindacati la tensione all’interno della Vibac è diventata intollerabile, rendendo confusi i lavoratori perché non è affatto chiara la linea portata avanti dai dirigenti aziendali. A queste accuse si aggiunge anche quella riguardante gli oltre 50 cambi di mansione a cui sono stati soggetti gli operai negli ultimi anni, decisioni che rendono il clima all’interno della Vibac irrespirabile.

Le tre firme sindacali accusano la Vibac di pensare solo al profitto

L’azienda è in netta ripresa, affermano i sindacalisti, ma quando si parla si premi di partecipazione si scatena il putiferio. Non solo i dirigenti della Vibac fanno partire raffiche di contestazioni disciplinari, spostano il personale affidandogli mansioni diverse da quelle per cui sono stati assunti, ma dilatano all’infinito i tempi per organizzare le riunioni. Sono interessati esclusivamente al profitto, affermano i sindacati, fregandosene altamente della sicurezza e della dignità dei lavoratori. “Poiché tutte le nostre azioni per tentare di ristabilire un clima di calma e di serenità all’interno dello stabilimento di Termoli – affermano le tre firme sindacali – non sono state prese nella giusta considerazione, abbiamo deciso di convocare un’assemblea sindacale per lunedì 19 giugno 2017, dove decideremo quali siano le strategie da mettere in campo per poter ricondurre questa azienda ad una gestione più corretta e rispettosa dei diritti e della dignità dei lavoratori”.