Si chiama TESAT - acronimo di Terrorism Situation - il rapporto pubblicato recentemente dall'Europol, incentrato sulle possibile minacce terroristiche nei confronti dell'Europa. Parecchio spazio è stato riservato ad un nuovo "pericolo balcanico" e la sede di tale focolaio sarebbe la Bosnia Erzegovina, Paese dove vive una foltissima comunità musulmana e dove ormai da diversi anni viene registrato un forte fenomeno di radicalizzazione. Sarebbero circa 800, dati alla mano, i Foreign Fighters partiti dalla ex Jugoslavia ed anche dalla vicina Albania, per recarsi in Iraq e Siria ed arruolarsi nelle milizie dell'Isis.

L'Europol sostiene che "l'ideologia radicale islamista ha sfidato l'Islam moderato in molte regioni balcaniche, grazie alla presenza di numerosi leader e predicatori salafiti".

Dalle persecuzioni alla radicalizzazione

Il caso della Bosnia è emblematico e dimostra come l'odio interreligioso possa favorire la fioritura di ideologie estremiste. La feroce guerra civile degli anni '90 ha svelato al mondo le dure persecuzioni alle quali furono sottoposti i musulmani bosniaci. Il genocidio di Srebrenica in cui furono trucidate oltre 8.300 persone di fede islamica è soltanto l'episodio più eclatante. Eccidi e stragi caratterizzarono tanto la Bosnia quanto il vicino Kosovo in quella lunga serie di conflitti etnici che cambiò per sempre il volto della penisola balcanica.

Durante la guerra in Bosnia parecchi miliziani affiliati a note organizzazioni jihadiste come Al Qaeda giunsero nel Paese, con il beneplacito dell'allora presidente Alija Izetbegovic, allo scopo di difendere la popolazione musulmana dalla minaccia serbo-bosniaca e croata. Lo stesso Osama Bin Laden, all'epoca, avrebbe colto al volo l'occasione di difendere altri musulmani e, nel contempo, di addestrare nuove reclute per i propri scopi.

Il risultato è quello che vede oggi la Bosnia Erzegovina come un Paese fortemente a rischio che, oltretutto, si trova nel cuore dell'Europa praticamente a due passi da Grecia ed Italia. In realtà, in questo scenario, risalta anche una certa leggerezza dell'antiterrorismo che si è concentrato esclusivamente nel colpire presunti simpatizzanti dell'Isis, senza contare i soggetti di ispirazione qaedista presenti nei balcani da oltre un ventennio, molti dei quali hanno sposato donne bosniache e non hanno più fatto ritorno in Medio Oriente.

Il numero di combattenti arruolati nelle milizie del Califfato è certamente alto, ma gli affiliati ad Al Qaeda sarebbero molti di più. Le due stelle della galassia jihadista, sebbene lo Stato Islamico nasca da una costola di Al Qaeda, non sono affatto alleate e, al contrario, l'attuale attenzione che l'antiterrorismo ha dedicato quasi esclusivamente ai fedeli di Abu Bakr al-Baghdadi è stata certamente utile ai componenti dell'organizzazione fondata a suo tempo da Bin Laden per crescere praticamente indisturbata.