Che si tratti di una goliardata o di un atto intimidatorio, quel che è certo è che si tratta di un gesto vergognoso. Alla vigilia del venticinquesimo anniversario della strage di via D'Amelio, quando la mafia fece esplodere una Fiat 126 imbottita di tritolo uccidendo il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Walter Cosina, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli, a Canicattì, in provincia di Agrigento, alcuni vandali hanno danneggiato la stele posta sul luogo in cui, il 21 settembre del 1990, la Stidda uccideva a soli 38 anni il magistrato agrigentino Rosario Livatino che, durante la sua breve carriera, aveva dato molti schiaffi alla mafia tramite la confisca di beni appartenenti all'organizzazione criminale.

Sulla Statale 640, luogo dell'omicidio del giovane magistrato, i genitori decisero di erigere una stele in sua memoria. Ma qualcuno ha pensato di danneggiarla: il tutto a pochi giorni dal danneggiamento di un busto in onore del giudice Falcone nei pressi di una scuola nel quartiere Zen di Palermo.

Le reazioni del mondo politico

Unanime la condanna da parte del mondo politico all'accaduto: il presidente del Consiglio Gentiloni, la presidente della Camera Boldrini e il presidente del Senato Grasso hanno parlato di “vile gesto e inaccettabile oltraggio”. "Fatti odiosi che si aggiungono ad analoghi gesti compiuti a Palermo in coincidenza con le ricorrenze in memoria dei giudici Falcone e Borsellino e degli agenti di scorta, sono colpi di coda di iene isolate e ferite. La Sicilia non torna indietro. Ha scelto la strada della cultura e della bellezza, della legalità e della giustizia", afferma invece il presidente dell'associazione "Strada degli Scrittori" Felice Cavallaro.

La reazione positiva di Canicattì

Fortunatamente, la popolazione di Canicattì non è rimasta a guardare e, tramite l'associazione "Strada degli Scrittori", ha subito dato il via al progetto di sostituzione della stele danneggiata con una analoga che sarà realizzata da un ingegnere, figlio di un insegnante universitario di Livatino.

Nel giorno della memoria della strage di via D'Amelio, ci sono due possibili spiegazioni a questo gesto: chi l'ha compiuto pensava forse di lanciare un segnale intimidatorio al popolo siciliano, di ricordare coi fatti che la mafia non è morta e ancora aleggia minacciosa sulle nostre teste, e in questo caso dovrà fare i conti con la rabbia del popolo siciliano.

Oppure potrebbe trattarsi di vandalismo gratuito, di un modo come gli altri con cui qualche incivile ha scelto di ammazzare il tempo in un afoso pomeriggio siciliano. In ogni caso, l'autore di questo gesto è vittima dell'ignoranza che per la mafia è terreno fertile.