Cina, E' morto Liu Xiaobo all'età di 61 anni. Dissidente dal 2008 in Cina per aver firmato Charta 08, documento volto a democratizzare di più il paese, l'uomo è entrato in condizioni critiche da circa un mese per un cancro al fegato.

La sua attività politica pro-democrazia era iniziata negli anni '80 ed ebbe un punto di svolta nel 1989 a Tienanmen. L'uomo si trovava per un viaggio di studi alla Columbia university ma tornò rapidamente in patria per aiutare i giovani ribelli. Da quel momento, ricordò lui in più di un'intervista, "la mia vita accademica si concluse e dovetti vivere tutta la mia vita come oppositore politico".

Il dramma degli ultimi giorni

Da quando si è scoperto del suo cancro, l'Occidente (in particolar modo USA e Germania) ha chiesto con forza la sua liberazione al fine di cercare cure migliori di quelle disponibili in Cina.

I medici americani e tedeschi che lo hanno avvicinato hanno ricevuto da lui una preghiera: chiedeva di poter essere libero i suoi ultimi giorni di vita. A nulla sono serviti indignazione e appelli (uno addirittura dalla stessa Merkel) al fine di liberare l'uomo vicino alla morte: il governo cinese ha tentato, attraverso macchinazione di immagini e grandi proclami, di dimostrare che per l'uomo "non c'era più nulla da fare".

Una lotta di pace per la libertà

Da quando Xiaobo ha ottenuto il Premio Nobel nel 2009 le sue condizioni nel carcere sono peggiorate e sua moglie e i suoi amici sono stati costretti a fortissimi controlli da parte del governo. La sua frase più famosa resta "Non ho nemici, non provo odio" e fu pronunciata alla premiazione di Oslo per il suo Nobel, alla quale ovviamente non poté presenziare.

Nei suoi scritti e nelle sue dichiarazioni non ci fu mai cenno di odio o guerra nei confronti del partito, le sue idee erano completamente pacifiche: chiedeva la possibilità che esistessero più partiti e la libertà di parola, ma senza mai minacciare con gravità il potere costituito.

Un uomo solo, un governo in paranoia

La potenza delle idee, a volte, è molto più grande di quanto si creda.

Fin dal momento dell'arresto di Xiaobo, il governo cinese si è mostrato scomposto e spaventato dall'idea che quest'ultimo potesse essere liberato o potesse raggiungere i giornalisti occidentali. La moglie è stata posta in vigilanza domiciliare proprio per questo motivo. Nonostante Xiaobo non avesse in nessun modo promulgato idee politiche di violenza, il governo cinese si è dimostrato in grande paranoia, prima per l'annuncio del nobel, ritenuto scandaloso dal partito, poi soprattutto in questi ultimi giorni, nonostante Xiaobo fosse un uomo in fin di vita.

Possibile che un partito potente e autoritario, che controlla una potenza emergente e inarrestabile, sia stato spaventato dalla voce di un solo uomo, anche se questo era in fin di vita?

Questa era la potenza di Liu Xiaobo.