Il braccio di ferro continua e prima che si arrivi alle estreme conseguenze, è necessario aprire il tavolo dei negoziati. Se ne starebbe rendendo conto Kim Jong-un che, al di là della sua condotta da dittatore autoritario (arricchita comunque da tante fake news che girano sul suo conto), è meno pazzo di quel che si crede in Occidente. Pertanto, da Pyongyang si starebbe aprendo qualche spiraglio, probabilmente perché dopo il lancio del missile intercontinentale che ha dimostrato al mondo gli effettivi progressi nello sviluppo di armi balistiche del piccolo Stato comunista, e le esercitazioni congiunte di Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone a pochi km dal confine tra le due coree, ci si accorge che una mossa azzardata da una parte o dall'altra potrebbe scatenare un disastro.

Il problema sono le rispettive posizioni, arroccate al punto di partenza, ma già sedersi a discuterne sarebbe un eccezionale successo diplomatico, quella invocata da Russia e Cina. Ma gli Stati Uniti sarebbero anche pronti alle estreme conseguenze, come quella di eliminare fisicamente il leader di Pyongyang.

L'apice della crisi è vicino

A rivelare la piccola porta aperta dal regime è Suzanne DiMaggio, in un'intervista concessa al South China Morning Post. Non è una fonte qualsiasi: la negoziatrice segreta di Washington è un'esperta di dialoghi 'difficili', ha lavorato per anni dietro le quinte, per cercare un accordo con l'Iran ed altri Paesi 'nemici' degli States. Era sempre lei che, proprio con la Corea del Nord, ha intavolato la trattativa per la liberazione di Otto Warmbier, il giovane originario della Virginia che era stato condannato a 15 anni di carcere per aver rubato un poster del regime.

Purtroppo è tornato a casa soltanto per morire, dopo 15 mesi di coma. Al di là del tragico epilogo della vicenda, proprio la signora DiMaggio si era seduta al tavolo insieme all'incaricato speciale statunitense per la Corea del Nord, Joseph Yun, giungendo ad una risoluzione. L'apice della crisi è vicino, secondo il parere di Suzanne DiMaggio, ma la stessa riferisce che Kim Jong-un sarebbe disposto a fare qualche concessione per evitare il peggio.

La guerra non è una soluzione praticabile per Pyongyang, ma nemmeno per gli Stati Uniti che, storicamente, sanno bene quanto è facile impantanarsi in estremo oriente.

I canali segreti tra Washington e Pyongyang

In questi mesi, Suzanne DiMaggio ha tenuto aperto il canale alternativo con la Corea del Nord, visto che i due Paesi non hanno relazioni diplomatiche ufficiali.

Il punto di riferimento sul versante opposto è un'altra donna, Choe Son-hui, responsabile del dipartimento speciale del regime che si occupa delle questioni con gli Stati Uniti. Il dialogo in tal senso aveva permesso a rappresentanti dei due Paesi un incontro ad Oslo, in Norvegia. In quel momento la crisi sembrava sul punto di stemperarsi. Choe Son-hui, nel corso del summit svolto a Pechino tra i Paesi 'sulla Via della Seta', aveva sottolineato che la Corea del Nord era "disponibile a trattare a certe condizioni", così come Donald Trump si era detto addirittura "onorato di incontrare Kim, se ci sono le condizioni". Le condizioni non ci sono state, spazzate via dai test missilistici di Pyongyang e dalla sempre maggiore presenza americana in Corea del Sud e nelle acque circostanti.

Eventuale negoziato in salita

Il lancio del potente missile Hwasong 14 nella giornata del 4 luglio, una sorta di 'regalo' all'America nell'Independence Day, secondo molti pareri ha segnato il punto di non ritorno. Per Suzanne DiMaggio sarebbe invece l'opportunità per aprire una nuova trattativa dal punto di vista di Kim Jong-un che ora si sentirebbe più forte ed in grado di dettare delle vere condizioni. Se negoziato sarà, i margini sembrano però molto limitati ed il dialogo estremamente difficile. Washington chiede lo stop agli esperimenti missilistici e nucleari del regime, il quale chiede invece agli Stati Uniti di smobilitare armi e bagagli dalla penisola coreana. Da entrambi i punti di vista sarebbe inaccettabile e, come in tutte le trattative, bisogna trovare un punto d'incontro.

La soluzione suggerita dalla signora DiMaggio, al di là di concessioni che anche Washington dovrebbe fare, potrebbe essere la proposta di rinunciare ai test missilistici senza privarsi delle armi nucleari. Non sono parole al vento, perché l'esperta in crisi internazionali conosce molto bene la controparte e, probabilmente, intravede qualche spiraglio.

La rivelazione dei servizi segreti di Washington

Intanto, secondo una nuova rivelazione abbastanza 'forte', i servizi segreti americani sarebbero stati sul punto di uccidere il dittatore nordcoreano. Lo rivela Rodger Baker, esperto della società Stratfor, piattaforma di intelligence a livello geopolitico. Washington infatti sarebbe stata a conoscenza delle intenzioni nordcoreane di procedere al lancio di un nuovo missile nel giorno del 4 luglio, come monito all'indipendenza americana.

I servizi di intelligence avrebbero osservato Kim per oltre un'ora, "un momento in cui sarebbe stato molto facile ucciderlo", spiega Baker. "In questo modo - ha aggiunto - gli Stati Uniti hanno dimostrato di avere la capacità di colpirlo direttamente".