La guerra dei nervi continua. Sembrano saldi su entrambi i fronti, fonti statunitensi assicurano possibili margini per intavolare un negoziato. Sul versante nordcoreano, almeno ufficialmente, la porta è serrata. Ad onor del vero, la fonte statunitense in questione è piuttosto affidabile: Suzanne DiMaggio è un'esperta di negoziati in condizioni quasi proibitive e la carta che Washington vorrebbe giocare è quella di un compromesso: la Corea del Nord dovrebbe cessare le proprie provocazioni missilistiche senza rinunciare al nucleare. La KCNA, Korean Central News Agency, megafono del regime di Pyongyang ha però innazalto un nuovo muro.

Riteniamo siano cattive notizie per Donald Trump che i muri è abituato a progettarli e non a subirli. Siamo altresì convinti che la nota dell'agenzia di stampa nordcoreana possa essere il classico proclama di chi si sente in posizione di vantaggio ed è abituato a porsi come eroe dinanzi ad una folla ben ammaestrata. Ciò che viene dato in pasto all'opinione pubblica è ben diverso da quello che si decide nelle 'stanze dei bottoni', questo vale per un regime totalitario, ma anche per uno Stato democratico.

Il muro nordcoreano

Nessun negoziato possibile, fino a quando gli Stati Uniti non cambieranno la propria politica aggressiva nei confronti della Corea del Nord. Questo, in soldoni, è quanto espresso dalla KCNA.

"Accusare uno Stato sovrano di possedere una capacità di autodifesa - recita testualmente la nota - è una manifestazione di una politica 'in stile Trump'. Gli Stati Uniti cercano di perseguire i proprio obiettivi a discapito di altri, ma questo è solo un tentativo disperato da parte di chi ha perso la calma, sbalordito dalla nostra posizione strategia".

I toni sono trionfalistici ed anche fortemente accusatori, addirittura peggiorano quando Washington viene accusata di "tentativi criminali per mobilitare il mondo in una campagna contro uno Stato sovrano. La verità è che sono finiti in disgrazia". Nel commento finale, vengono dettate le condizioni di eventuali negoziati, "impossibili se gli Stati Uniti proseguono la loro politica aggressiva".

Viene inoltre escluso un dialogo per la denuclearizzazione del Paese.

I dubbi della Russia sul test missilistico del 4 luglio

Intanto, fonti del ministero russo della Difesa hanno sollevato parecchi dubbi sull'identità del vettore effettivamente testato dalle forze armate nordcoreane lo scorso 4 luglio, definito dal leader Kim Jong-un "un regalo all'America per l'Independence Day". La TV di Stato di Pyongyang, come noto, la dichiarato il riuscito test del missile Hwasong 14, arma balistica a lungo raggio che, se lanciato alla giusta angolazione, potrebbe teoricamente colpire il territorio americano. La notizia è stata confermata tanto dallo Stato maggiore sudcoreano, quanto dal Pentagono. Mosca è di diverso avviso: secondo le fonti del Cremlino, infatti, il missile avrebbe percorso una distanza di 510 km arrivando ad una altezza massima di 535.

Si sarebbe trattato, pertanto, di un missile a medio raggio. L'annuncio di Kim Jong-un, confermato dagli Stati Uniti, indicava una distanza percorsa di 933 km ed un'altezza raggiunga di 2.802.

Nuove risorse per armi atomiche

Se la versione russa fosse corrispondente al vero, l'ultimo test nordcoreano ne uscirebbe notevolmente ridimensionato, così come la potenzialità del piccolo Stato comunista in merito ad attacchi intercontinentali. La Corea del Nord dispone comunque di un grosso numero di missili a medio raggio e, se gli Stati Uniti sono ancora fuori portata, potrebbe però lanciare un attacco nucleare ai vicini Corea del Sud e Giappone. Il numero di testate di cui disporrebbe il regime di Kim Jong-un è un altro mistero.

Meno di dieci, più di venti: i pareri sono contrastanti. In proposito, gli studiosi della 'Johns Hopkins University' di Baltimora hanno osservato con attenzione le immagini satellitari del laboratorio radico-chimico dell'impianto atomico di Yongbyon, a meno di 100 km da Pyongyang. In alcune foto viene rilevato un maggiore calore delle attività che rivelerebbero almeno due cicli di arricchimento di materiale radioattivo (plutonio, ndr) di cui non si conosceva l'esistenza. Ulteriori fotogrammi indicherebbero anche un'attività di arricchimento dell'uranio, tutti elementi necessari alla fabbricazione di armi nucleari. Gli esperti sottolineano comunque non di avere la certezza assoluta del tipo di attività condotta, se però il sospetto fosse confermato rivelerebbe al mondo nuovi sforzi nordcoreani nel potenziamento di un'arsenale che, secondo il parere dell'istituto di ricerca 38North, avrebbe raggiunto il potenziale di almeno venti testate atomiche.