L’inchiesta denominata ‘ndrangheta stragista, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, in collaborazione con la Dna, sta riservando colpi di scena clamorosi. Secondo il procuratore aggiunto del capoluogo calabrese, Giuseppe Lombardo, e il magistrato della Dna, Francesco Curcio, infatti, la mafia siciliana non fu la sola a portare l’attacco al cuore dello Stato, a partire dalle stragi di Capaci e via D’Amelio. A partecipare fu anche la ‘ndrangheta calabrese. Secondo i magistrati, la strategia della tensione intrapresa dalle organizzazioni mafiose, unitamente a pezzi deviati dei servizi segreti, era finalizzata alla ricerca di un nuovo interlocutore che si sostituisse alla morente Dc: Forza Italia di Silvio Berlusconi, fondata il 26 gennaio 1994.

Il contenuto dell’accordo tra i boss Graviano e Filippone

La ‘ndrangheta, dopo l’accordo tra il boss di Melicucco, Rocco Santo Filippone (ora agli arresti), e quello di Brancaccio, Giuseppe Graviano, avrebbe messo a segno tre attentati contro i carabinieri, provocando due morti e diversi feriti. Svelata anche l’intenzione di uccidere l’allora capo della squadra mobile di Cosenza Nicola Calipari, poi ammazzato nel 2005 in Iraq dal ‘fuoco amico’ americano mentre portava in salvo la giornalista Giuliana Sgrena.

Gli attentati ai carabinieri

Esclusi gli attentati a Falcone e Borsellino del 1992, gli obiettivi finora noti del biennio stragista 1993-94 erano il fallito attentato a Maurizio Costanzo, avvenuto il 14 maggio 1993 in via Fauro a Roma; la bomba del 27 maggio di via dei Georgofili a Firenze; quella del 27 luglio in via Palestro a Milano; la doppia esplosione del 28 luglio a Roma di fronte alle chiese di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro; la mancata strage di carabinieri allo stadio Olimpico di Roma nel gennaio 1994.

A questi episodi sanguinosi, secondo l’Antimafia di Reggio Calabria vanno aggiunti l’agguato contro i due carabinieri, Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, uccisi a colpi di mitra sull’autostrada A3 all’altezza di Scilla il 18 gennaio 1994; l’attentato del 1 dicembre 1993 sulla ss106 Jonica, dove rimasero illesi i militi Vincenzo Pasqua e Silvio Ricciardo; il ferimento, avvenuto l’1 febbraio del 1994, di Bartolomeo Musicò e Salvatore Serra.

Tutti questi attentati vennero rivendicati dalla misteriosa sigla Falange Armata, legata molto probabilmente, secondo gli inquirenti, ai servizi segreti deviati.

L’accordo tra le mafie e Forza Italia

La strategia stragista, sostiene il procuratore Lombardo con una dichiarazione che sta suscitando un vespaio di polemiche, “si arresta o si depotenzia non appena i corleonesi, la ‘ndrangheta ed altre organizzazioni criminali come la camorra e la sacra corona unita trovano nel nuovo partito di Forza Italia la struttura più conveniente con cui relazionarsi”.

Dunque, secondo i magistrati, sarebbe falsa l’affermazione che la ‘ndrangheta restò alla finestra senza partecipare al piano eversivo messo in atto dalla mafia siciliana e da pezzi deviati dello Stato.