'Where America's Day Begins', dove inizia il giorno americano. È il motto dell'isola di Guam, nell'oceano Pacifico occidentale ed effettivamente è il primo dei territori statunitensi non incorporati alla federazione ed è il primo lembo di terra americana che assiste al sorgere del sole. Oggi però Guam rischia di passare alla storia come il luogo dal quale potrebbe avere inizio una guerra dalle conseguenze difficilmente immaginabili. La Corea del Nord l'avrebbe messa nel mirino, Guam come noto è sede di una delle più importanti basi aeronautiche statunitensi nell'oceano Pacifico, e la prima azione di Pyongyang indirizzata a minacciare direttamente il 'nemico pubblico numero uno' del regime passerebbe da quest'isola a metà tra le Marianne e la Micronesia.

Kim Jong-un però non intende attaccarla, anche perché a quel punto la guerra sarebbe inevitabile. L'azione messa in atto sarebbe del tutto simile a quelle già testate nel Mare del Giappone, con la differenza che una simile provocazione a pochi km da quello che è, a tutti gli effetti, territorio di Washington, sarebbe intollerabile per la Casa Bianca. Difficile, stavolta, che Donald Trump si limiti alle minacce verbali di 'fuoco e fiamme'.

Il piano nordcoreano per Guam

Resta da vedere se si tratta solo di minacce o effettivi piani militari. Kim Jong-un si è dimostrato audace e sconsiderato nella sua guerra fredda con gli USA che, però, si sta pericolosamente riscaldando. Ilustrare chiaramente le proprie intenzioni in quella che sarebbe la sua mossa più spericolata sa tanto di proclama, anche perché ognuno dei test missilitici messi in atto non è mai stato preannunciato in maniera così dettagliata.

Secondo quanto prospettato dall'agenzia Kcna, noto megafono del giovane dittatore, le forze armate nordcoreane avrebbero intenzione di mettere in atto un'azione dimostrativa che prevede in lancio in simultanea di quattro missili a raggio intermedio nelle acque di Guam, ad una distanza di circa 40 km dall'isola. In tal modo Pyongyang dimostrerebbe agli USA la sua piena capacità bellica di colpire un avamposto che si trova ad oltre 3.350 km dalla penisola coreana, dove i vettori impiegherebbero almeno 20 minuti prima di sprofondare nelle acque indicate.

Avvertimento al Giappone

La provocazione sarebbe pericolossisima, la più grave tra quelle messe in atto dal regime e potrebbe scatenare stavolta la reazione militare americana, quell'opzione di guerra che si trova già da tempo sui tavoli del Pentagono e per la quale il consigliere della sicurezza nazionale USA, H.R. McMaster, prevede consueguenze molto gravi per tutta la regione e, in particolar modo per la Corea del Sud che sarebbe la più esposta alla controreplica dei 'cugini' del nord.

Oltretutto, se messa in atto, la cosiddetta 'azione dimostrativa' suonerebbe anche da avvertimento nei confronti del Giappone. I quattro missili nordcoreani violerebbero lo spazio aereo nipponico, abbastanza per scatenare anche la reazione del governo di Tokyo. Periodo ipotizzato per la realizzazione, così come annunciato dal generale nordcoreano Kim Rak-gyom, a capo delle forze strategiche missilistiche, è la metà di agosto. Pertanto, sarebbe più o meno imminente. Nelle ultime ore, oltretutto, si è registrata la dura presa di posizione della Corea del Sud che in questi mesi, da quando è stato eletto il nuovo presidente Moon Jae-in, ha sempre cercato di tendere la mano verso lo scomodo vicino.

Stavolta Seoul non usa mezzi termini: "Siamo pronti ad una forte e risoluta reazione - ha detto il portavoce del comando di stato maggiore congiunto, Roh Jae-cheon - contro ogni provocazione della Corea del Nord. La minaccia di Pyogyang è una sfida seria", ha aggiunto l'ufficiale, rassicurando comunque che, almeno per il momento, non sono state rilevate tracce di attività militari insolite a nord della penisola.