Un tragico scherzo del destino ha messo a nudo ancora una volta tutte le pecche strutturali italiane. Ischia, praticamente un anno dopo il Terremoto in centro Italia. Ci dispiace ragionare con la fredda logica dei numeri, quanto accaduto nella nota isola flegrea non è paragonabile all'apocalittico scenario che caratterizzò il disastro di interi Paesi, tra Marche, Umbria e Lazio. Il bilancio attuale è di due morti e poche decine di feriti, ma ciò che si è sbriciolato come cartapesta sono interi immobili. Dal punto di vista urbanistico, Ischia è stata devastata: sono 2.600 le persone rimaste senza casa secondo i primi bilanci.

Una situazione d'emergenza che va ad arricchire la fittissima agenda del governo, già alle prese con una ricostruzione pachidermica e tutta da realizzare in centro Italia. Ma in fin dei conti, quello delle ricostruzioni post-terremoto è un libro aperto da oltre mezzo secolo i cui svariati capitoli quasi tutti senza un adeguato finale.

Un piano nazionale di messa in sicurezza

Alla fine poco importa se la scossa che ha distrutto il tessuto urbanistico di Ischia sia stata di magnitudo 3.6, 3.9 o 4. Sono ore che si 'gioca' con l'intensità dell'evento sismico e si spiega la differenza tra terremoti vulcanici e tellurici (quello in questione sarebbe del primo tipo, ndr). Per i familiari delle vittime e per i tantissimi cittadini di Ischia rimasti senza casa cambia poco o nulla.

Tra i tanti commenti che abbiamo letto sulle maggiori testate di informazione online - ci riferiamo ovviamente ai commenti degli utenti - c'è stato chi ha sottolineato che "con una scossa del genere i giapponesi non si alzano nemmeno da tavola". Ovviamente si tratta di amara ironia, ma non è molto distante dalla verità. Un pò tutti i terremoti italiani degli ultimi cinquant'anni hanno causato autentici disastri, in zone strutturalmente precarie dove però esiste un rischio sismico.

Pochi giorni addietro il professor Gino De Vecchis, docente di geografia presso l'Università La Sapienza di Roma, ha puntato il dito sui governi che si sono dati il cambio alla guida del Paese, senza alcun riferimento politico. Nessuno si è mai occupato della messa in sicurezza degli edifici nelle zone a rischio terremoto e non è mai finito nell'agenda di un qualunque esecutivo un piano nazionale in tal senso.

I sismologi non sono in grado di prevedere un evento sismico, si potrebbe dunque agire in maniera preventiva.

Le ricostruzioni 'eterne'

Non c'è alcun attacco politico al governo presieduto da Paolo Gentiloni, colpevole solo di reggere un cerino che si sta quasi completamente bruciando. I ritardi nel piano di ricostruzione del centro Italia ci sono e sono evidenti, è anche vero che il terremoto in questione è stato caratterizzato da diverse scosse più o meno violente che si sono protratte per mesi. Un evento eccezionale, come lo ha definito lo stesso premier, dove serve un intervento eccezionale. Ma il dichiarato ottimismo del presidente del Consiglio stona parecchio dinanzi al realismo del ministro delle infrastrutture, Graziano Delrio.

Intervenuto nel corso del Meeting di Rimini, ha infatti evidenziato come ci siano delle evidenti responsabilità dell'esecutivo su un piano di ricostruzione che non decolla e che, come aggravante, siano stati stanziati ingenti fondi per la prevenzione del dissesto idrogeologico (2,5 miliardi di euro) e per l'edilizia scolastica che non sono ancora stati utilizzati. Il terremoto di Ischia complica enormemente il lavoro del governo Gentiloni che in questo, con buona pace delle opposizioni, non è però stato meno bravo degli altri. Se consideriamo che di tutti i grandi terremoti del dopoguerra, soltanto quello in Friuli ha visto il completamento di tutte le opere di ricostruzione, viene fuori l'assoluta inadeguatezza con la quale la politica italiana affronta da sempre queste emergenze.

Il tempo dei proclami è finito

Ad essere sinceri, in un Paese che vive in una lunga ed interminabile campagna elettorale, quelli di Paolo Gentiloni ci sono sembrati i classici proclami di chi si rende conto dell'estrema difficoltà che sta vivendo il suo governo sulla questione. Promesse già fatte poco meno di un anno fa che, ad oggi, sono state in buona parte disattese. Il terremoto di Ischia è la classica sveglia che richiama tutti ai propri doveri. Il tempo degli sterili proclami è finito, oggi ci sono altre 2.600 persone in Italia che hanno perso tutto per un evento sismico tutt'altro che devastante e si vanno ad aggiungere a quelle di Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto e degli altri centri colpiti dal sisma dello scorso anno.

In riferimento al centro Italia, lo stesso premier ha manifestato l'intenzione di dare maggiori poteri agli enti territoriali nel processo di ricostruzione, ma non esiste oggi una legge apposita a riguardo. Dovrà essere approntata e votata in parlamento, con il rischio che 'anneghi' dinanzi alle classiche beghe tra i diversi schieramenti politici di Camera e Senato. Il tempo è un lusso che questo Paese di cartapesta non può permettersi: affrontare un'emergenza con i tempi dell'emergenza sarebbe solo il primo passo, il secondo è un attento monitoraggio strutturale delle zone a rischio sismico. Un piano di sicurezza nazionale con interventi sulle strutture precarie del Paese sarebbe una svolta epocale.

Gli abitanti di Ischia, invece, corrono il rischio degli altri italiani rimasti senza casa negli anni passati: quello di cadere nel dimenticaio e nelle pastoie burocratiche della politica nel momento stesso in cui il clamore mediatico sulle loro disgrazie si spegne.