Tutto quello che avreste voluto sapere sulla vita e l'opera di Vladimir Putin nella Germania dell'Est e non avete mai osato chiedere. Ce lo racconta il giornalista Oleg Yegorov della testata Russia Beyond The Headlines in un'interessante servizio pubblicato il 9 agosto sulla versione digitale del magazine. Molto tempo prima di diventare presidente della Russia - apprendiamo da Yegorov - l'agente Vladimir Putin ha trascorso cinque anni a Dresda, dal 1985 al 1989 - nell'ex-DDR.

Il servizio di Oleg Yegorov

'Non vi è nulla che possa essere paragonato ad un ex-agente segreto'.

Ne sono convinti i russi e Vladimir Putin - che lavorò a lungo per il KGB - dal 1975 al 1991 - è la prova vivente della veridicità di questa affermazione. L'attuale leader del Cremlino non ha fatto mai un vanto della sua carriera nei servizi segreti che include anche il periodo trascorso a Dresda, presso la residenza del KGB in Angelika Strasse, 4. Poco o nulla è trapelato sinora sulle operazioni cui ha preso parte o sui "colleghi", gli altri agenti segreti stranieri con i quali ha lavorato. Solo qualche sporadica informazione. Sul periodo, ad esempio, in cui ancora 33enne venne scelto dai suoi superiori per ricoprire quel ruolo. All'epoca era sposato con Lyudmila dalla quale aveva già avuto una bambina, Maria (la figlia più piccola Ekaterina, nacque proprio a Dresda nel 1986).

Dopo aver completato la sua formazione presso l'Academy of Foreign Intelligence a Mosca, Putin - che parlava correntemente il tedesco - si trovò di fronte a una scelta. Avrebbe potuto attendere sette anni per essere inviato in missione nella Germania Occidentale o invece essere collocato subito all'Est. Scelse la seconda delle due opzioni.

Semplice routine

Nel libro 'First Person' Putin narra come gli operatori del KGB fossero interessati a raccogliere tutte le informazioni sul loro 'nemico storico', la Nato. Il leader sovietico definisce il suo lavoro come 'semplice routine' ed elenca le sue mansioni all'interno dell'organizzazione: ingaggiare informatori, raccogliere tutti i dati necessari e trasmetterli a Mosca.

Nel corso di un'ntervista con Rossija 24, un'emittente televisiva di Stato, Putin ha dichiarato recentemente che l'intero lavoro svolto all'interno dell'intelligence straniera era strettamente collegato alla rete illegale dei servizi segreti. E dato che lo stesso Putin era un dipendente 'legale' del KGB ciò significa che egli era in contatto con i residenti 'illegali' e li aiutava a mantenere i contatti con la centrale. L'attuale presidente russo sembra ricordare con nostalgia gli anni trascorsi in Germania e anche i collaboratori che lo affiancarono nel delicato compito. Lo scorso 8 maggio ad esempio ha personalmente visitato e si è congratulato con Lazaar Moiseev, rappresentante del KGB sotto il Ministerium für Staatssicherheit - la Stasi , in occasione del suo 90° compleanno.

Con la caduta del Muro, tuttavia, e l'inizio del processo di riunificazione delle due Germanie le cose cambiarono per la Stasi. Il 5 dicembre 1989 Putin si trovò di fronte una folla inferocita che irruppe negli uffici del Ministero e non tardò a capire che ben presto anche la sede del KGB sarebbe stata invasa. Cercò allora di contattare Mosca ma, poiché nessuno gli rispose, dovette prendere da solo una decisione.

Ufficiale e gentiluomo

Un certo Siegfrid Dannat che aveva preso parte alla sommossa ricorda oggi che fu un ufficiale calmo e cortese ad affacciarsi al portone, un uomo che parlava bene tedesco. Con grande tranquillità l'uomo avvisò gli astanti che quello era territorio russo e che gli ordini erano quelli di fare fuoco su chiunque avesse tentato di valicare quel limite.

Le sue parole riuscirono a placare le ire dei rivoltosi che non volevano spargimenti di sangue. E il quartier generale del KGB fu risparmiato. Per quell'ufficiale - che in realtà era Vladimir Putin - non c'era molto tempo per i riconoscimenti. Insieme ai suoi colleghi trascorse diversi giorni a distruggere tutto il materiale connesso alle attività del KGB nella Germania Est. I documenti più importanti vennero trasferiti a Mosca. Tutto il resto venne dato alle fiamme. 'Bruciavamo carte giorno e notte - ammette il leader russo - In pochi giorni abbiamo bruciato così tanta roba che il braciere pareva dover scoppiare da un momento all'altro'.

Presto Putin e la sua famiglia lasciarono Dresda. La missione era conclusa. Come lo era la presenza del KGB in Germania. Almeno ufficialmente.