La Corte di Cassazione ha da poco depositato una sentenza molto significativa che è andata contro la conclusione tirata dal Tribunale di sorveglianza di Perugia: secondo la pronuncia, i migranti con gravi disabilità, anche se irregolari, non possono essere espulsi dal nostro Paese perché il diritto alla salute, essendo inviolabile, deve avere la precedenza.

Una prospettiva costituzionalmente orientata

La Corte ha ritenuto legittimo il ricorso fatto da un immigrato che è detenuto in Italia e per il quale il Tribunale di sorveglianza umbro aveva richiesto l'espulsione quale pena alternativa a quella detentiva.

L'uomo è totalmente invalido e beneficia di un assegno da parte dell'Inps a seguito dell'amputazione di una gamba che l'ha portato ad utilizzare la sedia a rotelle o una protesi. Nel ricorso, il soggetto ha sottolineato che è assente dal suo Paese natio da più di 30 anni, che ha trascorso interamente in Italia e che lì non solo non ha parenti ma oltretutto non potrebbe nemmeno contare su una normativa che preveda assistenza per le persone con disabilità e che non le discrimini. Secondo il giudice di sorveglianza, la disabilità non rientrerebbe tra le condizioni poste dal nostro legislatore a sostegno del divieto di rimpatrio. La Suprema Corte, però, non è dello stesso avviso, e ritiene che le norme debbano essere applicate seguendo una prospettiva che sia costituzionalmente orientata, anche alla luce dei principi affermati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e dalla Corte costituzionale.

Attenzione alle categorie più vulnerabili

Nella sua sentenza, la Cassazione ha rilevato che nonostante la disabilità invocata dalla parte ricorrente non rientri nel diritto alle cure urgenti o essenziali per le quali la nota Legge Bossi-Fini permette anche a chi non è regolare di permanere nello Stato italiano, un'interpretazione delle disposizioni che tenga conto dell'art 32 della Costituzione sulla tutela della salute non consente un provvedimento di espulsione.

I giudici del 'Palazzaccio', dunque, hanno dichiarato che nel decidere sui ricorsi contro il rimpatrio obbligatorio di soggetti immigrati senza documenti e con disabilità, occorre valutare ogni singolo caso, tenendo conto tanto delle norme di carattere umanitario riguardanti le categorie definite vulnerabili presenti nella legge Bossi-Fini, quanto dei principi della CEDU. A questo punto, la vicenda dovrà essere analizzata nuovamente dal Tribunale perugino.