Una terribile notizia arriva dal belgio, un nuovo orrore a soli due anni di distanza dal tragico gesto che vide morire bruciate tre bambine per mano della propria madre. Oggi come allora, una mamma ha soppresso il proprio istinto materno per porre fine alla vita di chi avrebbe dovuto proteggere. A Zemst, a pochi chilometri da Bruxelles, in Belgio, una donna di 27 anni, in stato di fermo e sotto shock, ha ucciso la figlioletta in preda a quello che pare essere stato un delirio psichico. Per chi si interessa di Criminologia, tuttavia, è importante capire i fatti e andare oltre la notizia.

Il fatto: solo così potremo andare insieme in paradiso

Queste, da una prima ricostruzione dei fatti, sembrerebbero essere state le prime parole pronunciate da una donna belga di 27 anni, la cui identità è stata secretata per motivi di privacy, alle forze dell'ordine intervenute su una scena del crimine che nessuno vorrebbe mai vedere. Nella tarda serata di domenica 24 settembre, la polizia di Zemst è stata allertata dai vicini della donna che, allarmati dalle urla strazianti e dal denso fumo che si levava dalla sua casa, hanno avvertito le forze dell'ordine. Giunti sul luogo, la scena che si è presentata loro è stata terrificante. La donna, che deve ancora essere interrogata poiché in stato di shock, aveva appena bruciato la propria figlia di due anni, convinta che quello fosse l'unico modo per andare in cielo insieme.

Sembra che la donna soffrisse per la recente separazione dal marito.

Solo due anni fa un altro orrore: Thioro Mbow bruciò vive le sue tre figlie

La memoria non può che andare subito ad un analogo caso avvenuto quasi nello stesso luogo. Nel 2015, a Lemik, in Belgio, una donna di 35 anni aveva ucciso le sue tre figlie di 2, 4 e 6 anni per vendicarsi, incredibilmente, del marito che ne aveva chiesto la custodia esclusiva.

Anche quella donna aveva espresso la propria follia quando aveva chiamato il marito per fargli ascoltare le urla delle piccole e gli aveva detto "non te le lascerò mai".

Depressione post-partum o sindrome di Medea: cosa si cela dietro la follia di una madre

Lungi dall'addentrarci nei dettagli di storie tanto terribili, cerchiamo invece di ipotizzare cosa possa scattare nella mente di una donna che va oltre l'istinto più primitivo che possa esistere: quello di maternità.

In criminologia e psichiatria forense tali eventi sono purtroppo tristemente noti. Si parla di depressione post-partum per intendere uno stato psichico, chiaramente patologico, che porta una donna a una depressione scatenata proprio dal fatto di aver partorito. Questo stato è spesso associato agli infanticidi e ai neonaticidi. La donna, sopraffatta da squilibri ormonali, gravi crisi personali, separazioni come nel caso della donna anonima di Zemst, può arrivare a sentirsi totalmente inadeguata come madre. Può rifiutare se stessa come genitrice e quindi può arrivare a credere di dover eliminare un figlio, che ne è proprio la testimonianza. Sono certamente necessarie determinate condizioni, e questo può avvenire laddove non esistano aiuti esterni o risorse interne.

Così la donna può uccidere suo figlio e se stessa. La morte cioè viene vista come unica possibilità di salvezza, paradossalmente. Nel caso di due anni fa invece, a Lemmik, forse si sarebbe potuto parlare di sindrome di Medea. Si tratta di una patologia psichiatrica che colpisce una donna e che richiama il mito greco di Medea e Giasone. Medea venne abbandonata da Giasone e per vendicarsi di lui uccise i suoi figli. Allo stesso modo una donna che sia stata abbandonata dal proprio marito per un'altra donna più giovane, o per via di crisi coniugali, e che presenti ovviamente una fragilità psichica, può arrivare ad uccidere i flgli del suo uomo, che non riconosce più nemmeno come propri, ma che vede solo come oggetto di odio e vendetta.

Tutte teorie psichiatriche che naturalmente non potranno mai farci comprendere come siano possibili tali gesti.

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