Essere riuscito a sfuggire alla maxi caccia all'uomo con l'impiego di oltre mille uomini imbastita per braccarlo all'indomani degli omicidi di cui si è macchiato, è solo l'ultima di una serie di beffe che il killer di Budrio avrebbe riservato alle autorità italiane. A quattro mesi da quando il latitante diventò "uccel di bosco" infatti, emergono una serie di prese in giro perpetrate negli anni, sempre riuscendo a farla franca.

Doppio decreto di espulsione

Sulla testa di Igor nel momento in cui ha commesso gli omicidi per i quali è ricercato pendeva un doppio decreto di espulsione.

Ma questo non gli ha impedito di restare sul territorio nazionale, ed in seguito macchiarsi degli omicidi del barista di Budrio e della guardia ecologica di Portomaggiore. Il serbo Norbert Feher infatti in passato sarebbe riuscito ad evitare di farsi identificare, riuscendo a fare credere di chiamarsi Igor Vaclavic. Ma oltre a questo si burlava delle autorità in modo plateale. E' quanto emerge dalle carte del fascicolo che sarebbe dovuto sfociare in un processo, e che invece è finito nel nulla. Quando fu arrestato e gli fu chiesto di compilare un formulario per descriversi rifiutò di farlo scrivendo nel foglio le seguenti parole: "Non sono tenuto a rispondere! Niente autobiografia! Grazie! Che volete scrivere un libro?" e al posto della sua firma scrisse alcuni ideogrammi orientali.

Il nome vero venne ritenuto falso

Nel giugno del 2007 l'uomo fu arrestato dai Carabinieri di Rovigo per rapina, ma fu identificato come Igor Vaclavic, nato in Uzbekistan e residente in Russia. Il suo vero nome - Norbert Feher - fu ritenuto un alias, un nome falso. E' quanto è riportato nel documento di ingresso del carcere di Rovigo.

Il nome vero sarà scoperto solo dieci anni dopo, in seguito al primo omicidio. Risultare privo di documenti identificativi gli consente di dichiarare numerose falsità che resisteranno per diversi anni.

Nel 2008 gli venne chiesto di compilare un formulario, e scrivendo un po' in cirillico e un po' in italiano dichiarò di essere cresciuto nell'URSS e di essere figlio di Tatiana e Sergey.

Alla domanda relativa alla sua ultima occupazione rispose "esercito, fanteria leggera" e da questo sarebbe nata la voce che avrebbe fatto parte dell'Armata Rossa. Ma si trattava di una delle tante menzogne. Alle altre domande invece - precedenti penali, perché è espatriato, etc - invece rispondeva sempre "non sono tenuto a rispondere!". Alla voce riguardante i familiari da contattare in caso di necessità aveva scritto: "nessuna necessità". Fino alla domanda rivolta alla polizia "se hanno intenzione di scrivere un libro su di lui".

Impossibile espellerlo

Le autorità italiane si rivolsero al Consolato generale della Russia a Milano per chiedere conferma della sua identità. Ma non ricevettero mai una risposta, e quando nel 2010 Igor uscì dal carcere nonostante il prefetto di Rovigo avesse emanato un provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera, non essendo identificato fu impossibile espellerlo.

Nessuna nazione era disposta a prenderselo in carico. E così l'espulsione coatta si trasformò in un ordine di lasciare spontaneamente l'Italia entro 5 giorni. E lui rimase in Italia.

Nel 2011 Igor fu nuovamente arrestato, stavolta a Ferrara, dove doveva scontare una condanna per rapina. Nel 2014 il giudice dispone la sua espulsione una volta che ha scontato la condanna, e quando nel 2015 finisce di scontare la pena il prefetto di Ferrara firma il decreto. L'uomo viene rinchiuso nel "Centro identificazione ed espulsione" di Bari, ma anche in questo caso non riescono ad identificarlo. E per la seconda volta se la cava con l'invito ad andarsene entro 5 giorni. Due anni dopo commetterà gli omicidi che lo hanno reso tristemente celebre.