Sembrava il classico discorso di propaganda da regime, ma la Corea del Nord non è lo Stato libero di Bananas e Kim Jong-un, purtroppo, non è Woody Allen. Parlando alla nazione nel suo discorso di inizio anno, il dittatore nordcoreano aveva promesso la costruzione, entro la fine del 2017, di una potente arma in grado di colpire direttamente gli Stati Uniti con una testata nucleare. La tecnologia bellica del piccolo Stato comunista ha illustrato al mondo i suoi progressi e lo ha fatto in maniera spericolata: i test riusciti hanno dimostrato ampiamente che la capacità balistica dei missili di Pyongyanga si è ampliata.

Provocazioni ed esperimenti bellici

Il cerchio è tracciato e, soprattutto, molto visibile. Le provocazioni in realtà sono esperimenti bellici, il test nucleare di qualche settimana addietro ha indicato la messa a punto di un ordigno di distruzione di massa. Organi di stampa di vari Paesi hanno prospettato le preoccupanti potenzialità delle forze armate della Corea del Nord, ma qui ci si muove nel campo delle pure ipotesi. Qualche giorno fa, è stato teorizzato che la tecnologia di guerra nelle mani di Kim Jong-un sia in grado di utilizzare gli impulsi elettromagnetici causati dallo scoppio di bombe nucleari ad alta quota ed è stato avanzato il sospetto che si tratti di una 'eredità', diretta o indiretta, dell'ex arsenale sovietico.

Non ci sono alcune prove a supporto di questa tesi, così come non è dato sapere se oggi la Corea del Nord sia in grado di armare un missile intercontinentale con una testata nucleare. Avere entrambe le cose a disposizione non è un'assicurazione sul possesso effettivo di missili atomici, perché per l'assemblaggio occorre una tecnologia accurata che, forse, non è ancora quella del regime asiatico.

Così come permangono tutti i dubbi sulla reale precisione di un vettore a lungo raggio, tra quelli finora testati. Ma raggiungere questo obiettivo è solo questione di tempo ed i progressi a tutto campo dimostrano che le paure di Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone sono fondate. Dunque, quella che sembrava solo chiassosa propaganda è in realtà una sfida vittoriosa che potrebbe segnare a breve l'ingresso del Paese nel 'club esclusivo' delle potenze atomiche del pianeta.

L'eterna guerra fredda di Pyongyang

"L'uomo è pazzo, ma non fino a questo punto". La citazione di uno dei leitmotiv di 'The Day After', pellicola di successo degli anni '80 che ipotizzava il disastro globale di una guerra nucleare tra Stati Uniti ed URSS, torna di sconvolgente attualità. In questo caso non si tratta del conflitto tra i due grandi attori della Guerra Fredda, anche se uno dei due protagonisti è rimasto sul set: gli Stati Uniti non hanno mai rinunciato alla guerra come metodo risolutivo delle controversie internazionali. Il nuovo attore è invece un Paese che, dopo aver combattuto una guerra autentica contro contro la Corea del Sud e gli americani negli anni '50, si è posto in stato di 'guerra fredda permanente' e non vi ha mai rinunciato, nemmeno dopo che i suoi principali 'sponsor' sono venuti meno.

L'URSS non esiste più, la Cina ha messo in naftalina il maoismo e si è aperta all'occidente. Tuttavia, la sopravvivenza del regime fino alla terza generazione di dittatori è stata possibile grazie al supporto economico cinese. Una guerra tra Corea del Nord (senza alcun alleato, ndr) e Stati Uniti avrebbe esiti disastrosi per tutta la regione, ma un esito finale scontato: se non è scoppiata è solo perché la posizione di Pechino è un'incognita. Le dichiarazioni riportate sull'organo di stampa ufficiale del Partito Comunista cinese prospettano un intervento militare a supporto di Pyongyang nel caso di un'aggressione USA, ministri e portavoce di Xi Jinping hanno inoltre ribadito a chiare lettere che non permetteranno una nuova guerra in Corea.

Kim vuole la guerra?

Ma Kim Jong-un è davvero il pazzo dipinto dalla stampa occidentale? L'uomo che avrebbe fatto giustiziare un ministro perché sonnecchiava durante un suo discorso o avrebbe dato in pasto ai cani lo zio presunto golpista? In realtà parecchie delle storie sul suo conto sono 'leggende metropolitane'. Il nodo vero della questione è, però, comprendere se Kim sia realmente così pazzo da scatenare una guerra nucleare. Il giovane dittatore potrebbe essere molto più saggio dei protagonisti immaginari di 'The Day After' e, nonostante le sue forti dichiarazioni, è probabile che sia abbastanza lungimirante da comprendere le conseguenze di una guerra contro la più grande potenza militare del mondo.

Se davvero l'industria bellica della Corea del Nord metterà a punto un'arma nucleare così potente da poter minacciare il territorio degli Stati Uniti, non crediamo che Kim Jong-un possa ordinare a cuor leggero la messa in funzione del 'bottone di non ritorno'. In quel momento il leader nordcoreano potrebbe, al contrario, decidere di negoziare a modo suo, puntando allo smantellamento dell'arsenale che l'amministrazione Trump ha portato in Corea del Sud e nel Mare del Giappone ed al ridimensionamento delle sanzioni ai danni del suo Paese. Quest'ultima questione, paradossalmente, potrebbe essere di secondaria importanza. Pyongyang, infatti, starebbe cercando di aggirare in qualche modo la risoluzione ONU tramite elaborati sistemi di pirateria informatica ed altri escamotage che eviterebbero la paralisi dell'economia nordcoreana.

Posizioni troppo distanti per un negoziato

Non ci vuole però un esperto di diplomazia internazionale per comprendere che queste condizioni sarebbero inaccettabili per aprire un vero negoziato. Viste con gli occhi di Washington somiglierebbero ad un ricatto e la Casa Bianca è fin troppo abituata ad imporre i suoi 'aut aut' e non a subirli. Questa ipotetica presa di posizione del regime, inoltre, sarebbe soltanto parzialmente simile alla soluzione diplomatica proposta da Cina e Russia che hanno sempre puntato al 'doppio congelamento' del programma nucleare di Pyongyang e della pressione militare esercitata dagli Stati Uniti sulla penisola. Pechino e Mosca non possono tollerare la crescente presenza di armi e soldati a stelle e strisce a pochi km dai rispettivi confini e la proposta, sdegnosamente rifiutata dall'ambasciatrice di Washington all'ONU, Nikki Haley, puntava innanzitutto ad esaudire un espresso desiderio di Vladimir Putin e Xi Jinping.

La posizione dell'amministrazione Trump è granitica: nessuna concessione, la Corea del Nord deve rinunciare al programma nucleare con le buone o con le cattive. Evidente che questo non può essere accettato a sua volta da Kim Jong-un perché, peggiore delle conseguenze, ne uscirebbe da sconfitto agli occhi del suo adorante popolo.

Tensione ad oltranza

La delicata partita a poker, pertanto, si avvale di bluff più o meno rischiosi. I missili di Kim si fanno sempre più minacciosi, difficilmente però colpiranno un obiettivo preciso e, al contrario, continueranno ad inabissarsi in mare. Le forze aeree e navali statunitensi proseguono a mostrare il loro potenziale: l'ultimo bombardamento simulato si è svolto a pochi km dal confine tra le due Coree, ma difficilmente sarà varcato il 38° parallelo.

Ad ottobre sono in programma altre esercitazioni nel Mare del Giappone, Donald Trump vuol far comprendere al proprio rivale che può colpirlo in ogni momento e dunque, con questa strategia, indurlo alla resa. Da Pyongyang fanno sapere, però, di essere a pochi passi dall'obiettivo di un'arma in grado di minacciare direttamente il territorio americano e questo aspetto della questione viene sottolineato anche da fonti del ministero della difesa sudcoreano secondo cui 'la madre di tutte le armi atomiche' della Corea del Nord sarebbe giunta alla fase finale del suo sviluppo. Quando sarà pronta si potrebbe arrivare ad un punto di svolta, con la possibilità di un difficoltoso negoziato, ma anche di una guerra che non esclude l'uso di armi di distruzione di massa.

Ma c'è anche una terza via, quella di una tensione che prosegua ad oltranza, con esito finale rimandato sine die. Del resto, all'epoca della Guerra Fredda, da una parte all'altra del mondo si è vissuto per decenni con missili nucleari pronti ad essere lanciati. Per la Corea del Nord, in fin dei conti, la Guerra Fredda non è mai finita. Quanto agli Stati Uniti, considerato che i dittatori insolenti sono una razza in via di estinzione, c'è sempre bisogno di un 'cattivo' per giustificare la corsa agli armamenti che è sempre stata il vero motore dell'economia americana.