Se è comunemente chiamato "zafferano bastardo" o anche "arsenico vegetale", purtroppo una ragione c'è. Il colchico d'autunno è una pianta selvatica che assomiglia in tutto e per tutto col suo fiore rosa violaceo allo zafferano, e solo un occhio veramente esperto è in grado di distinguerli. Questo tragico errore ha portato alla morte una coppia originaria di Cona, in provincia di Venezia, Giuseppe Agodi, 70 anni, e Lorenza Frigotti, 69. Durante le vacanze estive in Trentino, i coniugi hanno raccolto l'erba tossica con l'intento di preparare un gustoso risotto e invece sono morti avvelenati.

Prima è deceduto il marito, poi la moglie

La coppia era in vacanza a Folgaria, in provincia di Trento, quando durante una passeggiata in montagna ha raccolto velenosissimi fiori di colchico, drammaticamente scambiati per zafferano. La signora ha usato pistilli in abbondanza per preparare un risotto, non immaginando che avrebbe ucciso sia lei che suo marito. Il primo a sentirsi male è stato il marito, che è morto a Folgaria il 1 settembre. Sembrava avesse avuto un infarto ma i sintomi non erano quelli di un comune arresto cardiocircolatorio e, insospettiti, i medici hanno chiesto al pm Roberto D'Angelo della procura di Padova di eseguire l'autopsia. E' emerso il vero motivo: si è trattato di un avvelenamento da colchico.

Si è sentita male anche la moglie, Lorenza Frigotti, arrivata al pronto soccorso di Padova con una nausea violenta. Allora i medici hanno pensato subito a un nuovo caso di avvelenamento, associandolo a quello del marito deceduto. La signora è morta lunedì dopo un'agonia di due settimane al reparto di terapia intensiva dell'ospedale di Piove di Sacco, in provincia di Padova.

Non è stato prevista finora nessuna autopsia sul suo corpo. Invece sono in corso accertamenti da parte della procura di Trento, visto che il primo decesso si è verificato nel suo territorio, che ha ricevuto gli atti dalla procura di Padova.

Un fiore velenosissimo

A rendere velenosi i fiori di colchico è una sostanza chiamata colchicina contenuta nella pianta selvatica, ma tutta la pianta è velenosa per l'uomo e non esiste antidoto.

Il falso zafferano, ha un bulbo simile a quello dell'aglio, fiorisce proprio in agosto quando i coniugi l'hanno raccolto, e si trova nelle valli di montagna e ai margini dei boschi. Perché sia letale, basta ingerirne anche minime quantità. I sintomi dell'avvelenamento sono, subito dopo l'ingestione, nausea e vomito, crampi dolorosissimi, diarrea sanguinolenta, aumento della frequenza cardiaca, dolori al torace, bocca amara. Poi col passare delle ore, sopraggiungono febbre, insufficienza epatica e renale, convulsioni. La morte arriva per insufficienza respiratoria o collasso cardiocircolatorio.