Gli è stato dato un nome di fantasia, Amir, per proteggere la sua identità. Si tratta di un cittadino del Ghana che è sbarcato sulle nostre coste nel 2016 e come tantissimi altri ha richiesto il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Ciò che colpisce di questa storia, che potrebbe essere una tra le tante, è la motivazione con cui è stato richiesto.

Il giudice concede il permesso a un immigrato che denuncia di aver subito un maleficio

L'uomo, un cittadino originario del Ghana arrivato in Italia su un gommone nel 2016, ha richiesto il permesso di soggiorno per motivi umanitari alla Commissione Prefettizia per i rifugiati.

Tra le motivazioni l'uomo ha dichiarato di non avere più famiglia e che le è stata portata via da un maleficio, sostiene che tutti i suoi familiari sono morti all'improvviso senza avere nessuna malattia e che lui è l'unico superstite. Tralasciando il fatto che realmente l'uomo possa essere rimasto solo, le autorità incaricate di valutare le motivazioni dei richiedenti asilo, per questo caso, non le hanno condivise e di conseguenza il 13 dicembre 2016 scorso non gli hanno rilasciato il permesso per motivi umanitari. Come succede spesso per questi casi l'uomo fa ricorso e l'uomo si ritrova quest'anno davanti a un giudice di una sezione civile. L'avvocato dell'immigrato per avallare la tesi del suo assistito sostiene in aula di tribunale che le credenze popolari esistono anche in Italia, come chi segue maghi e veggenti.

Anche questa volta però non è sufficiente per ottenere la protezione internazionale, dal momento che non si tratta di un rifugiato politico o un uomo perseguitato da motivi razziali. Il giudice però, regala al giovane un permesso per motivi umanitari. Si tratta di un permesso di classe "B", ovvero che permette la permanenza esclusivamente sul territorio italiano e non si tratta dunque di protezione internazionale.

Ma il permesso gli permetterà di risiedere a tempo indeterminato sul nostro territorio.

Le motivazioni del tribunale

Il giovane dunque ottiene un permesso per motivi umanitari sulla base del suo racconto. Senza prove e senza riscontri oggettivi. Per il giudice, il signor Amir, si trova in una condizione di vulnerabilità legata alla drammatica vicenda raccontata legata al decesso, uno dopo l'altro, di tutti i suoi parenti. Inoltre il magistrato da atto al giovane di essersi integrato bene nella nostra società e per cui è eleggibile al titolo di rifugiato umanitario.