Questa storia, ambientata a Milano, risale al 1992 quando fu commesso l'omicidio di Carmine Carratù, un giovane carrozziere ventiquattrenne senza precedenti, ma descritto come una testa calda, ad opera di Domenico Branca (oggi cinquantanovenne) di Melito Porto Salvo e rappresentante milanese dei clan De Stefano di Reggio Calabria. I carabinieri del Comando provinciale di Milano, che avevano già arrestato l'uomo per altri reati, hanno emesso una nuova ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti nella giornata del 3 ottobre 2017, un'ordinanza giunta dopo 25 anni dal giorno dell'agguato.

L'omicidio

Il 17 febbraio 1992, in via Ippocrate (zona Comasina), a Milano, Domenico Branca infligge 13 colpi di pistola al carrozziere ventiquattrenne Carmine Carratù. In un primo momento si era pensato ad uno scambio di persona, poi, il proseguimento delle indagini ha dimostrato che il bersaglio era il giovane carrozziere, colpevole di aver litigato con alcuni esponenti della famiglia 'ndranghetista dei Branca, che sin da quegli anni gestiva traffici di droga e altre attività commerciali.

La risoluzione

Il caso è stato risolto in seguito ad alcune notizie emerse durante un'indagine contro la 'ndrangheta "Rinnovamento", con la quale si è proceduto con l'arresto di una settantina di persone nel 2014 con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso.

Ciò mise in evidenza quanto la 'ndrangheta fosse potente e detenesse il controllo dell'intero territorio milanese.

Nella fattispecie, un collaboratore di giustizia, Vittorio Foschini, fece un'allusione all'omicidio di Carratù, parlando di una concessionaria e di un'autorizzazione che era stata chiesta per uccidere un ragazzo che aveva danneggiato i titolari della suddetta concessionaria.

È stato possibile ricostruire la vicenda in seguito a numerosi accertamenti.

La ricostruzione

A sparare, quel 17 febbraio 1992, sarebbero stati Domenico Branca e Michele Mendolicchio, boss attualmente deceduto. Il motivo dell'omicidio è in stretta connessione con l'auto appartenente a Carratù, la quale era stata data alle fiamme e, questi, decidendo di non sporgere denuncia, aveva messo in atto una vendetta personale, incendiando quattro automobili depositate presso la medesima concessionaria in via Varesina 66, gestita dai fratelli Campo, anch'essi indagati.

Probabilmente, il giovane carrozziere non era consapevole di aver annientato anche la vettura di Mendolicchio, che chiese al pentito il permesso per ucciderlo.