Alla fine di un'indagine effettuata sia dal comando dei carabinieri che della squadra mobile di Reggio Calabria, sono stati arrestati cinquanta componenti dei clan mafiosi calabresi, questo su richiesta dei pm e il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo. Trattasi dei clan di Brancaleone, Africo e Bruzzano, i quali soggiogavano ogni appalto per renderlo di loro proprietà. I clan della 'ndrangheta, non esitavano a stravolgere neppure le sedute di una riunione comunale per accaparrarsi gli appalti da assegnare, minacciando così sindaco e vicesindaco per far si che gli incanti non finissero in mano di altri.

Le accuse

Sono finiti direttamente in carcere in trentadue, altri sette sono stati messi ai domiciliari e gli ultimi undici sono stati assegnati ad una misura di obbligo di dimora. Le accuse sono riferite a vari titoli i quali sono i seguenti, estorsione, illecita concorrenza con violenza e minacce, associazione mafiosa, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in pubblico, turbata libertà degli incanti, violenza e minacce a pubblico ufficiale, ricettazione, detenzione e porto illegale di armi clandestine con più munizionamento, accuse tutte rese più pesanti dal metodo mafioso.

I commenti

Il procuratore capo della Dda di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, ha accennato alla vicenda dicendo che una gran parte di quelli finiti in manette sono molto giovani e si destreggiavano come se fossero i padroni di tutto, inoltre con facilità erano pronti a comminare il proprio dominio sui lavori, appalti e quant'altro, con una arroganza inusuale, fra minacce e atti spudorati.

De Raho afferma anche, che quello che rappresenta questa nuova indagine, fa emergere quanto la 'ndrangheta pratichi il controllo del territorio per mezzo di queste nuove manifestazioni spavalde senza eguali.

Figli dei social network

I nuovi boss, in quanto successori dei clan come i Morabito e i Palamara essendo giovanissimi e immersi nella realtà di oggi, sono pronti a rendersi capi non solo per le strade ma anche sui social, non esitano a mostrarsi senza paura armati di tutto punto, pubblicando così, con foto e video il loro messaggio di comando con tanto di spudoratezza la quale gli è costata gravemente. Le loro pubblicazioni sul social Facebook li ha ingannati, così che i post da loro pubblicati sono diventati le prove che hanno reso un po più facili indagini da parte delle autorità.