La tregua olimpica potrebbe non funzionare e, anzi, alla luce della situazione attuale dopo l'ultimo test missilistico effettuato dal regime di Pyongyang, i Giochi invernali che dovrebbero svolgersi in corea del sud dal 9 al 25 febbraio dell'anno prossimo sarebbero seriamente a rischio. Timori giustificati dai venti di guerra che hanno ripreso a soffiare sulla penisola coreana e che sono stati espressi a chiare lettere dal presidente sudcoreano, Moon Jae-in.

Giovani ambasciatori di pace

Il leader del governo di Seoul ha incaricato il suo esecutivo di esaminare attentamente la situazione alla luce dei recentissimi sviluppi.

La città che ospita le XXIII Olimpiadi invernali, Pyeongchang, si trova ad appena 80 km dalla zona demilitarizzata che segna il confine tra le due Coree. Tra le delegazioni che nelle ultime settimane hanno minacciato di boicottare i Giochi per motivi di sicurezza ci sono quelle di Francia ed Austria. Russia e Cina, al contrario, hanno espresso massima fiducia assicurando la loro presenza. In realtà la speranza di tutti è la partecipazione della stessa Corea del Nord, elemento che certamente assicurerebbe la tregua olimpica nel mese di febbraio. Di fatto la delegazione nordcoreana sarebbe composta da due soli atleti, la coppia di pattinatori artistici composta da Kim Ju-sik e Ryom Tae-ok. Sulle loro giovani spalle pesa una gravosa responsabilità, fermo restando che per entrambi è un'opportunità storica dopo la qualificazione centrata nel corso di una gara disputata in Germania.

In realtà il termine massimo per confermare la presenza ai Giochi da parte del Comitato Olimpico della Corea del Nord è scaduto lo scorso 30 ottobre e non è arrivata alcuna nota ufficiale che indica la partecipazione alle gare della coppia di pattinatori. Di fatto, in caso di rinuncia, il posto spetterebbe alla prima nazione non qualificata nella medesima gara, si tratterebbe del Giappone.

Ma vista la particolarità del caso e la volontà del CIO che preme fortmente per la presenza nordcoreana, la porta rimane aperta. Il Comitato Olimpico Internazionale ha assicurato inoltre il massimo supporto per garantire la trasferta ai due giovani atleti, ma è chiaro che l'ultima parola spetta al regime ed il silenzio non è un buon segno.