Il superboss del clan dei Casalesi Michele Zagaria, noto nell'ambiente criminale con il nome "Capastorta", ha chiesto 100mila euro di risarcimento per i danni che gli sarebbero stati cagionati dalla serie televisiva di Rai 1 «Sotto copertura 2 - La cattura di Zagaria».

Il camorrista ritiene che la propria immagine sia stata lesa dalla fiction

L'immagine del camorrista a detta dei suoi legali, che hanno depositato un ricorso al Tribunale di Roma, sarebbe stata lesa da diversi elementi non rispondenti a verità, come per esempio l'attrazione del boss per la giovane figlia dei coniugi che lo hanno ospitato durante la latitanza.

Gli avvocati su disposizioni del capo dei casalesi, rinchiuso nel penitenziario Opera di Milano in regime di carcere duro, avevano chiesto alla Rai, fin dalla prima puntata, di interrompere la messa in onda.

I difensori - in particolar modo l'avvocato Barbara Lettieri - hanno tenuto a precisare che il risarcimento andrà devoluto interamente per fini benefici, e che le motivazioni che hanno indotto Zagaria a procedere legalmente sono esclusivamente dovute alla tutela della sua immagine e della sua identità.

L'udienza è stata fissata per il prossimo 28 novembre, ma intanto la vicenda ha coinvolto l'opinione pubblica e moltissimi telespettatori in queste ore si stanno domandando se sia giusto dare tanta visibilità ad esponenti di spicco della criminalità organizzata.

Altro quesito è se sia corretto proporre le vite di simili personaggi non in forma di documentario ma con una narrativa romanzata. La fiction infatti, già da come si evince dal nome inglese, altro non è che un racconto di eventi immaginari, ma in questo caso è espressamente riferita ad una persona reale, Michele Zagaria, e ad una storia, quella della sua cattura, che non dovrebbero lasciare spiragli di alcuna sorta alla fantasia.

A sorprendere infine, è la scelta di utilizzare il nome del boss, interpretato dall'attore Alessandro Preziosi, e al contrario di adoperare nomi fittizi per gli altri personaggi, tra cui l'ex capo della Squadra Mobile Vittorio Pisani. Fare riferimento a Pisani, che con la sua attività ha portato all'arresto anche del boss Antonio Iovine detto "O' Ninno", avrebbe non solo ricordato il reale impegno quotidiano delle forze dell'ordine nel combattere la criminalità organizzata, ma avrebbe anche consentito di ridare la giusta luce ad un poliziotto infangato da un collaboratore di giustizia e riabilitato solo dopo un lungo calvario giudiziario.