Emily Drouet, 18 anni, era una studentessa di giurisprudenza all'Università di Aberdeen in Scozia; è stata vittima di violenze psicologiche e fisiche da parte dell'allora fidanzato Angus Milligan, 21, con il quale l'adolescente ha avuto un rapporto dal 2015.

Morta suicida

Angus Milligan ha confessato di aver abusato mentalmente e fisicamente della fidanzata Emily Drouet e per questo è stato condannato a 180 ore di servizio alla comunità. La madre di Emily, Fiona Drouet, ha deciso di organizzare una campagna, che verrà lanciata sabato, per attirare l'attenzione in merito al tema della violenza domestica tra i giovani.

La campagna serve per spiegare ai giovani quello che accade con una violenza contro le donne, e mira anche a prevenire tali situazioni nelle università attraverso la formazione del personale degli istituti di istruzione superiore per riconoscere i segni di abuso e trovare "modi sicuri per intervenire e fermare questi tipi di comportamenti ", ha dichiarato la madre di Emily al The Guardian. I messaggi di auto-rimprovero scambiati tra Emily, i suoi amici e il suo ragazzo saranno condivisi in tutti i campus universitari della Scozia. E' stata Fiona Drouet ad autorizzare la pubblicazione dei messaggi, nonostante ciò che provava quando li leggeva: "È stato molto triste per noi leggere i messaggi sul suo cellulare dopo averla persa", ha dichiarato.

Il The Guardian ha citato alcuni dei messaggi: "Tesoro, ti prego, non ti merita", scrive un'amica ad Emily e lei risponde. "Me lo merito". E ancora: "Non meriti di essere picchiata o strangolata, lo hai denunciato alla polizia Emily? Dico sul serio".

Chi è Angus

Angus Milligan, considerato da molti studenti come "il maschio alfa" del campus universitario, alla fine confessò gli abusi commessi a Emily Drouet.

Oltre agli assalti fisici, c'erano molti messaggi offensivi che Emily aveva ricevuto dal suo fidanzato. Milligan è stato condannato a luglio a fare 180 ore di lavoro in comunità ed è stato espulso dal corso di psicologia che stava frequentando presso l'Università di Aberdeen. Il quotidiano The Independent, ha scritto che i genitori della vittima avevano affermato che l'università aveva "fallito" nel suo dovere di intervenire nella situazione, ma questo è esattamente ciò che la campagna sostenuta dal National Union of Students Scotland (NUS Scotland, in inglese) si propone di cambiare, cercando di migliorare i servizi del campus in modo che gli studenti e il personale sappiano dove rivolgersi per ricevere aiuto in modo da evitare altri casi come quello di Emily.