Una macabra vicenda dai risvolti poco chiari. Si è suicidato Marcello Vassallo di 60 anni, uno dei tre sospettati dell'omicidio dell'avvocato di Palermo Enzo Fragalà. L'uomo era stato arrestato assieme ad altri due nel 2013 ed era in attesa di giudizio da parte della magistratura palermitana. Il presunto colpevole si è tolto la vita in casa della sua ex convivente, sempre nel capoluogo siciliano.

La vicenda

Marcello Vassallo era stato da subito indiziato di reato per l'omicidio dell'avvocato Enzo Fragalà avvenuto il 23 febbraio del 2010 in via Nicolò Turrisi, a pochi metri dal suo studio, che si trovava nelle vicinanze del palazzo di giustizia di Palermo.

L'uomo di legge era stato brutalmente aggredito a colpi di bastonate ed aveva riportato ferite così gravi che ne avevano causato la morte dopo tre giorni di agonia in ospedale. Il Vassallo era stato da subito sospettato dagli inquirenti, perché pochi giorni prima dell'assassinio aveva fatto una scenata nello studio del penalista. Poi le accuse a suo carico era cadute perché gli investigatori avevano cominciato ad ipotizzare una pista mafiosa come movente del delitto: l'avvocato Enzo, infatti, era un noto libero professionista molto rinomato nel capoluogo. Forse l'uomo di legge nell'esercizio della sua professione aveva dato fastidio a Cosa Nostra. I carabinieri avevano così arrestato altre due persone: oltre al Vassallo, Francesco Arcuri e Salvatore Ingrassia, già in precedenza detenuti per reati di mafia ed estorsione e ritenuti affiliati al clan di Porta nuova, nonché gli esecutori materiali dell'omicidio.

Nel luglio di quest'anno era iniziato il processo a carico degli indagati presso la seconda sezione della Corte D'assise del tribunale siciliano. Alla sbarra degli imputati erano finite altre tre persone affiliate alla mafia e cioè Antonino Siragusa, Paolo Cocco e Antonino Abbate.

La tesi della Procura

Secondo i Pm Fragalà è stato ucciso perché ha convinto alcuni suoi clienti a collaborare con gli inquirenti, una linea difensiva che dava molto fastidio alla criminalità organizzata.

I sicari avevano avuto l'incarico di dargli una lezione, che doveva servire ad intimorire tutta la categoria forense. Ma l'aggressione era stata talmente cruenta che l'avvocato perse la vita. I difensori degli imputati, invece, hanno ipotizzato altre piste cercando di scagionare i loro assistiti sulla base anche del movente passionale, ritenuto per altro dubbio.