Le rivelazioni di un pentito hanno portato alla luce l’esistenza di un sistema di finanziamento davvero macabro, utilizzato dalla mafia in provincia di Catania. La Procura della città siciliana ha infatti aperto un’inchiesta per omicidio, dopo che un collaboratore di giustizia aveva spiegato lo stratagemma utilizzato per ottenere denaro: un vero e proprio commercio di cadaveri con le agenzie di pompe funebri locali. Ma quando mancavano i morti, gli affiliati ai clan non si facevano remore a procurarseli: è quanto emerge dalle indagini su un’"ambulanza della morte”, che operava presso l’ospedale di Biancavilla.

Anche in questo caso, ancor prima di parlare con le forze dell’ordine, il testimone aveva confessato i fatti in televisione, durante la trasmissione Le Iene.

Gli omicidi sull’ambulanza

Ma cosa accadeva su quell'ambulanza? “I malati non morivano per mano di Dio – aveva raccontato il pentito – ma solo per far guadagnare alla mafia 300 euro, invece di 30 o 50”. In pratica i pazienti trasportati, anziani e malati terminali, venivano uccisi, iniettando dell’aria nel sistema sanguigno, in modo da provocarne la morte per embolia. Un sistema sicuro, che non permetteva a nessuno di accorgersi di nulla. ”Si trattava di gente in agonia, che sarebbe morta lo stesso” ha precisato il testimone, ma in questo modo si accelerava la dipartita per poter suggerire con prontezza ai familiari del defunto l’intervento di una specifica agenzia di onoranze funebri, con cui i mafiosi erano d’accordo.

In cambio della pubblicità, che spesso andava a buon fine, ricevevano un compenso, che finiva direttamente alle cosche.

Si esaminano i casi sospetti

Per gli inquirenti siamo di fronte ad un metodo pulito e veloce per far soldi, grazie agli uomini che i boss locali avevano piazzato sulle ambulanze. Adesso i Carabinieri di Paternò stanno esaminando, su delega dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catania, le cartelle cliniche dei pazienti dell’ospedale di Biancavilla, per capire quanti tra quelli dimessi perché ormai in fin di vita, siano saliti su quei mezzi per non uscirne più da vivi.

Infatti, secondo il pentito, i casi sarebbero iniziati già nel 2012. Per il procuratore aggiunto Francesco Puleio sarebbero più di 50 gli episodi da valutare. Si riferirebbero a un periodo di tempo che va dal 2012 al 2016. Secondo i primi accertamenti almeno una decina tra questi sono ritenuti sospetti, ma soltanto tre sono stati portati all’attenzione del Gip: si tratterebbe di un uomo ed una donna molto anziani e di un 55enne gravemente ammalato.

Ad oggi l’unico arrestato è Davide Garofalo, un barelliere di 42 anni, mentre altre due persone sarebbero indagate per episodi simili, anche se le autorità non hanno voluto rivelare ulteriori particolari. Al momento i medici e gli infermieri dell’ospedale siciliano sembrerebbero del tutto estranei alla vicenda.