Esplosione nella mattina di lunedì 11 dicembre 2017 in un tunnel a Port Authority, la stazione centrale dei bus a New York, precisamente a Manhattan, nei pressi di Times Square. E' stato immediatamente panico tra i presenti, sono intervenuti tempestivamente la polizia e i vigili del fuoco, nel caos della gente che si è trovata in una situazione d'allarme. Al Port Authority Bus Terminal transitano quotidianamente più di 200 mila persone. L'evento è accaduto nel tunnel che collega la stazione di Port Authority a quella di Times Square, nel cuore della Grande Mela, alle 7.30 del mattino dell'ora locale, quindi nel periodo in cui la concentrazione di affollamento dei mezzi pubblici è la più elevata della giornata.

Le prime informazioni sul caso vengono riportate dalla polizia di New York che indaga sul caso come attacco terroristico. A confermarlo è l'ex capo della polizia di New York, Bill Bratton, attraverso un'intervista rilasciata alla rete Msnbc. "E' stato un attacco terroristico", ha poi condiviso il pensiero il sindaco di New York Bill De Blasio. Attraverso un tweet, la polizia di New York commenta l'accaduto:

Chi è il presunto terrorista? Cosa lo ha spinto a commettere l'attacco?

Soggetto del presunto attacco terroristico è Akayed Ullah, ex-tassista 27enne originario del Bangladesh che vive a Brooklynk nella zona di Flatbush che, munito di un ordigno artigianale nascosto all'interno del proprio giubbotto, ha lasciato esplodere, forse in maniera accidentale, l'ordigno esplosivo, ferendosi gravemente.

L'uomo è stato trasportato in ospedale, l'esplosione ha provocato 4 feriti e nessun morto. A detta degli investigatori dell'FBI, l'uomo avrebbe dichiarato di aver agito per vendetta, vendicando gli attacchi e i bombardamenti al proprio paese di origine, provocando del male nella società e nella politica che, secondo l'ex-tassista, è artefice dei bombardamenti che avvengono nel proprio paese.

Continuano le indagini e le supposizioni, non si teme per la salute dei feriti, sono state chiuse le linee della metropolitana A, C ed E.

Da dove nasce il sentimento di vendetta rivendicato dall'ex-tassista? Sentimento di appartenenza e identità sociale

Davanti ad episodi di vendetta come questo, o più in generale ad eventi che possano essere nominati come terrorismo, la riflessione primaria a cui si giunge è quella di un movente politico, economico, sociale o culturale.

Il mezzo psicologico di cui si serve il terrorismo è la paura, il terrore che, infatti, influenza il nostro modo di agire e percepire le cose per come hanno senso realmente. La guerra politica a cui è soggetto il pianeta in quest'epoca storica è sicuramente la meno comprensibile per l'uomo comune a causa delle finissime strategie adottate dalle varie politiche statali, che disorientano l'uomo medio, rendendolo allo stesso tempo sicuro e vulnerabile, attivo e passivo, incluso ed escluso da ogni forma di controllo politico, in maniera tale da poter minimizzare l'attività umana e per poter concentrare il potere. Se l'uomo medio, allora, è puro strumento dello stato da cui è assoggettato per imporre la propria forza socio-economica nella guerra tra le nazioni, cos'è che lo spinge a radicalizzarsi, ad identificarsi con la società - intendiamo con società: Cultura, Economia, Stato, Nazione - di appartenenza a tal punto da sacrificare la propria esistenza?

Partendo da un presupposto che definisca la morale come costruzione sociale di una determinata cultura in un determinato tempo, è possibile asserire che l'inquadramento dicotomico tra bene e male e i relativi significati, mutano al cambiare della cultura in cui concepiscono. I terrorista tipico, dunque, non è affetto da una determinata psicopatologia rintracciabile in ogni tempo e luogo, non è neanche classificabile come soggetto con disturbi psichici, piuttosto gli studiosi affermano attraverso degli studi empirici condotti sulle “Brigate Rosse” italiane, l’ETA Basca e alcuni gruppi Palestinesi, che non sussiste alcun elemento definibile come psicopatologico tra i membri di queste organizzazioni terroristiche.

Allora da cosa nasce il terrorismo, se non da un disturbo che nasce nel singolo? Utile è l'apporto di un antropologo occupatosi di terrorismo, quale Scott Atran, affermando che il terrorista non è un "mostro", ma appartiene al genere di gente ordinaria. L'antropologo continua spiegando che a trasformare un uomo in un terrorista non è un tratto di personalità congenito, ma la dinamica trasformatrice della personalità che viene ad instaurarsi all'interno del gruppo sociale a cui il soggetto appartiene. Può quindi tornarci utile la Teoria dell'identità sociale di Henry Tajfel e Turner, - psicologi occupatisi di Psicologia sociale, che hanno lasciato una grande eredità al mondo della psicologia - da cui è possibile enucleare i principi psicologici sottostanti alla trasformazione di un determinato individuo nello strumento mediante cui il gruppo afferma la propria identità.

La Teoria dell'Identità Sociale (SIT) afferma che l'individuo ha una parte del concetto di sé che deriva dalla consapevolezza di appartenere ad un gruppo sociale, unitamente al significato emotivo associato a tale appartenenza. La teoria nasce con l'intento di comprendere e spiegare come le persone arrivino ad adottare un’identità sociale - meglio, più identità sociali - e a comportarsi nei termini di tali identità sociali piuttosto che nei termini della propria identità personale e come ciò influenzi le relazioni inter-personali e inter-gruppi. Uno dei processi psicologici che intende analizzare la Teoria dell'Identità Sociale che interessa il fenomeno del terrorismo è quello dell'identificazione sociale, processo attraverso cui il sé viene identificato, classificato come parte di una categoria sociale.

Quindi, quando si assegnano alcune caratteristiche ai gruppi sociali a cui apparteniamo e quando si stabilisce il valore di tali caratteristiche attraverso il confronto sociale, ciò ha automaticamente dei riflessi sul concetto di sé ecco perché gli individui sono motivati nel confronto sociale ad ottenere per i gruppi a cui appartengono una distintività positiva. Dunque, correlata al concetto di identità sociale è quella di gestione dell'identità, e come nel caso dell'ex-tassista Bangladesh che ha attutato un attacco terroristico nella stazione dei bus di Manhattan, il comportamento è riconducibile ai principi base della gestione dell'identità, propria e del gruppo di appartenenza. L'uomo ha affermato di aver agito per vendetta, vendetta del proprio gruppo sociale di appartenenza, vendetta per i bombardamenti che colpiscono il suo gruppo sociale, la sua cultura, il suo paese.

Una strategia di gestione dell'identità mutuata dalla teoria dell'identità sociale, è quella della competizione sociale, che si riferisce alla strategia per cui i membri di un gruppo socialmente svantaggiato intraprendono un conflitto volto al cambiamento dello status quo, appunto rintracciabile nel fenomeno del terrorismo. Non bisogna, dunque, tralasciare le tesi costruzioniste attraverso cui l'uomo s'identifica alla propria cultura, al proprio gruppo sociale. Non è dunque rintracciabile un tratto psicologico che sia distintivo per un terrorista, ma è soltanto all'interno della dinamica di gruppo che viene a instaurarsi la sua identità.