A Milano è stata scoperta una truffa su cui c'erano da tempo dei sospetti, ovvero quella incentrata sullo smercio e la vendita di abiti usati destinati alle popolazioni africane o di altri Paesi bisognosi. Per ora gli arrestati sono 5, di cui 2 in carcere e 3 ai domiciliari e per tutti l'accusa è di traffico illecito, in questo caso di rifiuti. Sotto inchiesta è finita anche una falsa Onlus che, con la scusante della beneficenza, installava punti di raccolta abusivi a Milano, Varese, e altri centri liguri e friulani. E' stato il Nucleo ecologico dei carabinieri di Milano a scoprire il traffico della finta organizzazione, chiamata "L'Africa nel Cuore”, che ha la sede principale in Liguria, e che organizzava raccolte di vestiario con lo scopo di rivenderlo nei mercati del Sud e Centro Italia.

Il nome della finta Onlus è stato scelto appositamente perchè somigliasse a quello di una vera organizzazione umanitaria, “Africa nel cuore” di Modena, estranea ad ogni operazione, in modo da confondere eventuali controlli superficiali.

La truffa

I truffatori si avvalevano per la raccolta di cassonetti gialli disseminati in circa 100 comuni della Lombardia, del Piemonte e del Friuli, e non disdegnavano anche la raccolta porta a porta: alla base c'era la finta promessa di spedirli in Africa alle popolazioni bisognose. Invece il vestiario finiva nella “Nuova Tessil Pezzame” a Solaro, un'azienda collettrice, in teoria per essere trattato e sanificato mentre in pratica gli abiti usati venivano indirizzati, previo pagamento, nei mercatini della Tunisia, di Napoli e di Caserta, per finire sulle bancarelle rionali.

Il proprietario della ditta di raccolta, che si pensa abbia guadagnato in questo modo oltre 2 milioni di euro negli ultimi 2 anni, è il 56enne Carmine Scarano, finito in carcere Sono oltre 10 mila le tonnellate di merce venduta fino ad ora, con la complicità dell'altro uomo condotto in carcere, Guglielmo Giusti, 60enne fondatore della Onlus fasulla di Savona, il quale riceveva una cifra pari a 10/15 mila euro al mese dal'ideatore.

Questi infatti usava il logo “L’Africa nel cuore” sui suoi cassonetti di raccolta, che erano collocati in comuni ignari che 'operazione non fosse promossa da un ente accertato e che nella quasi totalità dei casi non avevano stipulato alcun accordo con la Onlus, nè mai effettuato controlli.

Gli altri partecipanti alla truffa

All'illecito contribuivano altri 6 soggetti di fiducia che raccoglievano, con i propri mezzi o con quelli procurati dall'azienda di Scarano, gli abiti dai cassonetti e venivano pagati 25 centesimi di euro al chilo.

Si pensava che a questo punto la ditta sanificasse e controllasse i vestiti prima di spedirli in Africa, mentre, per risparmiare tempo e soldi, non veniva effettuato alcun procedimento igienico-sanitario e la merce veniva imbarcata al porto di Genova con destinazione Tunisia, oppure il carico era trasferito in Campania. Il prezzo di rivendita era il doppio, ovvero 50 centesimi al chilo; Scarano, per smerciare in Africa, aveva un collaboratore in Tunisia, proprietario di una ditta di importazione, che non è stato ancora individuato dai carabinieri. Altre persone aiutavano a collocare gli abiti in Campania ed alcune di esse sono legati alla criminalità organizzata.

Truffa e pericolo sanitario

Oltre alla truffa ai danni della popolazione che credeva di aiutare le popolazioni bisognose, il traffico illecito ha creato un altro grosso problema: gli abiti usati venivano venduti alla popolazione ignara senza aver ricevuto alcun trattamento con fini igienizzanti, mettendo a rischio la salute dei compratori.

I carabinieri e l' antimafia di Milano hanno fatto scattare l’arresto per traffico illecito di rifiuti per i 2 ideatori, Scarano e Giusti, mentre altri 3 componenti dell'organizzazione sono ai domiciliari, e sono la convivente di Scarano, Daniela Fava, che si occupava dei pagamenti in contanti, Susanna De Pasquale, che falsificava i documenti di trasporto e un collaboratore nordafricano con altre mansioni.