Quest’oggi, 13 dicembre 2017, la Cina celebra l'80° anniversario del massacro di Nanjing. Quel giorno del 1937 fu l'inizio di un attacco giapponese all'antica capitale con più di sei settimane di omicidi, stupri, saccheggi e distruzione.

Ricordare per proteggere il futuro

Alle 10 del mattino di oggi, l'inno nazionale della Repubblica popolare cinese è risuonato fino al cielo, fermando tutta la città. Terminato il canto dell'inno nazionale è stato il turno dell'allarme di difesa aerea che si è propagato nell'intera città di Nanjing grazie all’eco di treni, navi e palazzi.

La scorsa domenica è venuto a mancare il più anziano tra i sopravvissuti al massacro: Guan Guangjing, 101 anni.

Guan aveva solo 20 anni quando iniziò il massacro il 13 dicembre 1937, ovvero il giorno in cui i giapponesi occuparono la città ora conosciuta come Nanjing, che era la allora capitale della Cina sotto il governo nazionalista di Chiang Kai-shek. Ora ci sono meno di 100 sopravvissuti ancora in vita. Il bilancio delle vittime non è mai stato stabilito in modo definitivo, ma la stima ufficiale della Cina la mette a oltre 300.000 e circa 20.000 donne violentate.

L’urlo della Cina

Il massacro di Nanjing (italianizzato Nanchino) è stato uno dei più grandi crimini del secolo scorso. Ma pochi in Occidente lo ricordano come tale perché accadde durante un conflitto che includeva anche uno dei più grandi crimini dell'umanità: l’antisemitismo e i campi di concentramento.

La riluttanza della Cina a cimentarsi con esso ci dice molto sui rischi e sui benefici della rivisitazione dei massacri, lezioni che risuonano dall'Armenia al Ruanda, dalla Polonia al Myanmar. Avvicinarsi ai momenti bui del passato può dare potere e nuova voce ma la politica del presente spesso da nuova forma e talvolta distorce il passato.

I paragoni tra l'Olocausto e il massacro di Nanchino sono diventati sempre più comuni negli ultimi 20 anni da quando la giornalista americana Iris Chang ha intitolato il suo best-seller "The Rape of Nanjing: The Forgotten Holocaust of World War II". Collegare Nanjing ad altre atrocità permette ai cinesi di rendere pubblico questo vergognoso capitolo del passato.

Dà anche legittimità alle loro affermazioni storiche e la sicurezza di mantenerne viva la memoria. Se non è accettabile negare l'Olocausto, non può essere accettabile negare il massacro o altre barbarie giapponesi, come gli esperimenti medici sui prigionieri cinesi, di qualsiasi età e sesso, dell'Unità 731 ad Harbin.