Due temi di notevole attualità, spesso coincidenti, sono stati al centro dell'incontro del ministro dell'Interno, Marco Minniti, con il re di Giordania, Abdallah bin al Hussein, al Palazzo reale di Amman: terrorismo e criminalità internazionale. Attenzioni puntate sulle principali dinamiche dei flussi migratori e sull'accoglienza dei rifugiati. In tale contesto, non possono passare in secondo piano gli scenari strettamente legati ai cosiddetti processi di stabilizzazione in Libia e non solo. A tal proposito, si è ravvisata la necessità di un impegno comune mirato al rafforzamento delle azioni finalizzate a dare stabilità proprio alla terra libica.

Il ministro e il re hanno approfondito le relazioni fra i due Paesi sul piano della lotta al terrorismo, evidenziando l'opportunità di continuare e potenziare l'intesa anche relativamente alle dinamiche scaturite dalle battute d'arresto di Daesh e al preoccupante fenomeno dei "foreign fighters".

Il 'faccia a faccia'

Durante il "faccia a faccia", Minniti e Abdallah hanno condiviso il valore strategico dei processi di "de-radicalizzazione", sottolineando la necessità di ampliare ulteriormente lo scambio delle informazioni e, soprattutto, delle analisi di tutti i fenomeni estremisti esistenti. In tale direzione, il ministro italiano e il re giordano hanno fatto il punto sulle iniziative condotte, ribadendo l'esigenza di un contrasto netto e senza alcuna esitazione a ogni genere di radicalismo, sin dal più becero.

Lotta ai 'foreign fighters' di ritorno

Il ministro Minniti ha avuto modo d'incontrare anche Ghaleb Al Zoubi, ministro dell'interno della Giordania. Giudicata fondamentale la cooperazione nella lotta al terrorismo e ai "foreign fighters" di ritorno, chiamati proprio così, dopo la caduta di Raqqa, città della Siria. Elogiato l'impegno della Giordania nelle procedure d'accoglienza di un massiccio numero di rifugiati da iraq e Sira.

Un fatto che testimonia una società aperta, che è anche comunità tollerante, e una convivenza piuttosto pacifica tra le diverse fedi religiose. Sulla cooperazione di polizia, tenendo conto dell'accordo bilaterale vigente, si è parlato d'intensificazione di rapporti tra i due Paesi con lo scambio di assistenza, tecnologie, esperienze e, inoltre, buone prassi, anche per combattere in maniera efficace anche i traffici di sostanze stupefacenti.

La formazione degli imam

Infine, il titolare del Viminale ha incontrato il principe Ghazi bin Muhammad, per il progetto che riguarda la formazione degli imam, con l'obiettivo di preparare i giovani ad affrontare in maniera adeguata il ruolo di guida delle comunità islamiche, nel massimo rispetto delle libertà di religione. In primo piano anche il pluralismo confessionale e i doveri civici. Il programma richiama gli stessi elementi valorizzati dal Patto nazionale per l'Islam italiano, firmato nel febbraio scorso, con le associazioni più rappresentative. Ripudiando il terrorismo, il Patto offre un ferreo equilibrio di diritti e doveri per giungere a una sostanziale integrazione. Si punta anche alla promozione di un processo di organizzazione giuridica delle associazioni islamiche, nel rispetto della normativa in tema di libertà religiosa e dei principi dell'ordinamento giuridico statale.

Fra i punti salienti, la libertà di culto come valore inalienabile, espressione di democrazia e civiltà. Complessivamente 10 i punti del Patto in cui spicca l'impegno delle associazioni e dello Stato. Concordata la promozione di una formazione per gli imam per evitare i rischi d'imam "fai da te", in considerazione del ruolo che rivestono nelle comunità d'appartenenza e delle funzioni a cui possono essere chiamati, dagli ospedali ai centri d'aaccoglienza.