È finito davanti alla Corte di giustizia dell'Ue il caso di un individuo nato maschio e sposato con una donna che in seguito aveva deciso di farsi operare per cambiare genere e diventare femmina. Ma quando ha avanzato la richiesta di andare in pensione a 60 anni come le donne, anziché a 65 come previsto per gli uomini dalla legge inglese, si era visto negare la possibilità. Secondo l'avvocato generale dell'Unione Europea le condizioni poste dalla Gran Bretagna sarebbero da considerare illegittime.

La vicenda

Il protagonista della vicenda, M.B. è nato nel 1948 ed era stato registrato come maschio.

Nel 1974 si è sposato, ma nel 1991 ha iniziato a vivere come se fosse una donna, e quattro anni dopo si è sottoposto ad un'operazione chirurgica per il cambiamento del genere. L'uomo pur essendosi sottoposto all'operazione per il cambio del genere nel 1995 non aveva mai richiesto il completo riconoscimento della sua nuova identità sessuale, in quanto in tale epoca per farlo avrebbe dovuto annullare il proprio matrimonio. Il matrimonio omosessuale non era infatti previsto dall'ordinamento inglese. Nel 2008 una volta raggiunti i 60 anni di età ha avanzato la richiesta per ottenere una pensione di vecchiaia, e si è visto rigettare la domanda, adducendo al fatto che l'uomo non avesse mai ottenuto il riconoscimento del cambiamento di genere, e pertanto non avrebbe avuto diritto ad essere trattata come una donna al fine di ottenere l'assegno previdenziale.

M.B. ha deciso di contestare la decisione rivolgendosi ai giudici inglesi, sostenendo che la condizione di non essere sposati costituisce una discriminazione contraria al diritto dell'Unione Europea. Infatti una direttiva Ue vieta categoricamente qualsivoglia discriminazione basata sul genere sessuale circa le prestazioni statali, incluse le pensioni di vecchiaia e di fine carriera lavorativa.

Tuttavia quando M.B. portò il caso dinnanzi ai magistrati inglesi lo status di transgender non era riconosciuto per beneficiare della pensione statale quando la persona risultava sposata con un precedente matrimonio. La Supreme Court inglese chiese alla Corte di giustizia se tale decisione fosse compatibile con la direttiva comunitaria.

Le conclusioni della Ue

L'avvocato generale Michal Bobek ha risposto che la condizione di non essere sposati per avere diritto alla pensione in vigore solo per gli individui transgender è contraria alla direttiva Ue, in quanto si tratta di una discriminazione diretta fondata sul genere sessuale priva di giustificazione. La discriminazione diretta si configura infatti quando un gruppo di persone viene trattato in modo non uguale ad un altro gruppo in funzione di una caratteristica posta sotto tutela. In questo caso il genere sessuale. L'avv. generale riconosce il diritto degli stati membri di stabilire le modalità con cui può essere concesso il riconoscimento giuridico del cambiamento di genere di una persona, però rigetta l'argomentazione secondo la quale essere sposati o meno rappresenti un requisito fondamentale per avere diritto alla pensione di vecchiaia.

Come funziona in Italia

In Italia per cambiare genere sessuale l'interessato deve sottoporsi a un iter burocratico molto complesso, non dal punto di vista legislativo quanto per le conseguenze di natura psichica e per la delicatezza delle operazioni chirurgiche necessarie. Per ottenere il permesso per sottoporsi all'intervento chirurgico è necessario rivolgersi ad un tribunale, che deve autorizzare con sentenza passata in giudicato. Il tribunale prima di autorizzare l'operazione accerta mediante medico legale le condizioni psichiche dell'interessato.

Una volta ottenuta la ri-attribuzione chirurgica del genere è possibile modificare i propri dati anagrafici, ovvero nome e genere, nei registri dell'anagrafe a cui il soggetto è iscritto.

Una volta che la persona ha ottenuto il pieno riconoscimento del nuovo genere - prendiamo ad esempio il caso di un uomo che diventa donna - avrà diritto ad essere trattata sotto tutti i punti di vista, compreso quello pensionistico, come una donna.