Mancano pochi giorni alla chiusura della retrospettiva a Palazzo Madama a Torino dedicata a Tina Modotti, nata a Udine nel 1896 con il nome di Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini e morta in circostanze mai chiarite a Città del Messico nel 1942. Pregio della mostra è sicuramente quello di accompagnare il visitatore lungo un duplice percorso, che si mantiene parallelo: da una parte, la scoperta della Modotti come artista (ma lei rigettava questa definizione, preferendo che la si definisse semplicemente 'fotografa') e dall'altra, la valorizzazione e il racconto della sua umanità, della sua parabola di donna e combattente.

Figlia di genitori operai, costretta a lasciare la scuola a dodici anni per lavorare in filanda e aiutare i genitori a mantenere i numerosi figli, emigra con il padre a San Francisco all'età di diciassette anni. L'America le apre le porte del cinema, ma la vera passione della sua vita sarà un'altra, la fotografia. È l'incontro, nel 1920, con il fotografo statunitense Edward Weston, di dieci anni più grande, ad accelerare il cambiamento: per lui lascia il marito sposato un paio di anni prima e con lui si trasferisce a Città del Messico. Nel paese centroamericano, la Modotti frequenta i circoli intellettuali e artistici più influenti e intensifica la propria partecipazione politica, iscrivendosi al partito comunista messicano.

La sua militanza appassionata la portò prima a Mosca dove lavorò per la polizia segreta sovietica e poi, insieme al suo amante Vittorio Vidali, anche in Spagna, dove combatté durante la Guerra Civile al fianco dei Repubblicani. Nel 1939 lasciò l'Europa definitivamente e tornò in Messico dove trovò la morte nel gennaio del 1942.

La sua fine è avvolta nel mistero e non pochi sono stati i sospetti rivolti a Vidali che, secondo alcuni, l'avrebbe uccisa (o perlomeno avrebbe organizzato l'omicidio) perché sospettava che sapesse troppo e potesse tradirlo.

Il fascino esercitato della sua biografia, che racconta di una donna audace, spregiudicata e libera nel vivere le relazioni sentimentali e le passioni politiche, è un elemento che non ha mai offuscato, ma sempre contrassegnato la sua parabola artistica, rendendo più profonda la fruizione delle sue fotografie e approfondendo la comprensione della sua evoluzione di fotografa, dal naturalismo alla documentazione sociale, sempre nel segno dell'empatia e della forza evocativa e magnetica.

Uno sguardo, quello di Tina, che ha saputo cogliere in un'istantanea la sintesi tra la dimensione intima e psicologica dell'individuo e la sua inevitabile esposizione ai moti e ai cambiamenti della Storia.

Per conoscere meglio la vicenda esistenziale di Tina Modotti, consigliamo la lettura di Tina, bel libro scritto da Pino Cacucci nel 1995. E per godere dei suoi lavori, la mostra a Torino resterà aperta fino al 5 ottobre. Costo del biglietto intero 8 euro, ridotto 5 e gratuito per i bambini fino ai 14 anni.