Il 27 ottobre di un anno fa, Lewis Allan Reed, ovvero Lou Reed, lasciava il mondo che aveva conosciuto e combattuto. Il suo ultimo commento fu "Tomorrow I'm smoke", "Domani sarò fumo", una riflessione finale degna della sua penna caustica e poetica nello stesso tempo.

Lewis era nato a Brooklyn il 2 marzo del 1942. Il ragazzo nasce da famiglia bene, tuttavia la sua indole ribelle diventerà un problema per tutti, in primis per lui stesso. La scuola, l'autorità, il conformismo, la normalità e tutti quegli usi e costumi atti a forgiare un cittadino modello o perlomeno accettabile per la società, sono tutti enti sentiti da Allan come corde di canapa che gli sconvolgono le membra.

Perchè essere inchiodato alla croce della società perbenista? Questo si chiede Lewis che sentiva di essere nato libero; non si sentiva una volpe con la zampa incastrata nella trappola dei cacciatori di frodo, bensì un ragazzo con tanti progetti di vita. Una vita a modo suo, ma una vita: d'altra parte cosa avrebbe dovuto programmare, una vita a modo d'altri?

Comunque sia e come c'era da aspettarsi, Lou Reed fu osteggiato nei suoi propositi personali. I suoi genitori tentarono di tutto: sedute con psicologi, elettroshock e quant'altro. I risultati furono distruttivi. Droghe varie e alcol diventeranno per Lewis i farmaci coi quali tentare un'auto medicazione nei momenti critici, ovvero tutti i giorni e tutti gli anni (esclusi i tentativi di 'purificazione' sanitaria fatti in qualche centro come già altri colleghi avevano tentato con alterna fortuna).

L'unico farmaco che riesce a sostenerlo è la musica, o, meglio, l'arte dell'esercizio del pensiero. Molti, parlando di artisti rock, citano la 'musica salvatrice', creando nel lettore confusione; la musica come esisteva all'epoca di Amilcare Ponchielli è un reperto superato, quindi si dica che è l'attività artistico/creativa che caratterizza personaggi come Lewis Allan Reed.

Lou Reed, insieme ai Velvet Underground, porta avanti un discorso rock particolarmente originale e fedele alle premesse. Nel 2003, il poeta Lou Reed con il doppio cd The Raven, rilegge a suo modo un altro poeta, Edgar Allan Poe. Ospiti pregiati di questo lavoro sono Ornette Coleman, David Bowie, Willem Dafoe.

In Italia, accostabili al suo approccio che predilige la poesia e la disillusione presi dal mondo della strada, troviamo diversi artisti che, in misura diversa, si sono ispirati alla sua figura: Edoardo Bennato con Un giorno credi, Ligabue con Urlando contro il cielo, Alberto Fortis con Milano e Vincenzo, Mimmo Parisi con Il grande cielo, Carboni con Inno nazionale e altri.

Vale la pena segnalare che, a omaggiare la memoria di Lou Reed, il 18 ottobre in Italia, precisamente al Teatro della Concordia di Montecastello di Vibio, si è esibito il bassista storico del cantautore americano, ovvero Fernando Saunders che ha eseguito alcuni brani di Reed. Il bassista, proprio grazie all'esperienza maturata con Lou, ha nel tempo poi collaborato con Marianne Faithfull, Steve Winwood, Eric Clapton, Jimmy Page, Joan Baez e persino Luciano Pavarotti.

Per dicembre sarà reso pubblico se il compianto Lou Reed, avrà la possibilità di apparire come personaggio nella famosa Rock And Roll Hall Of Fame. Parafrasando un adagio abusato, si potrebbe dire che la prima band non si scorda mai; la sua prima band si chiamava The Shades e Lou, l'anno scorso, vi è rientrato: per lui era arrivato il tempo di ritornare a essere 'shade', ombra.