“Farsi strumento di promozione del dibattito regionale e nazionale destinato a progettare il futuro dell’assistenza psichiatrica” questa la missione della Fondazione Mario Tobino, costituita nel Marzo del 2006 dall’Amministrazione Provinciale di Lucca.

E dall’11 agosto scorso a portare avanti questa missione due nuovi professionisti, rappresentanti del Comune di Viareggio all’interno del consiglio d’indirizzo della Fondazione:Camilla Zucchi, 22 anni, laureanda in lettere antiche presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa, e Riccardo Roni, 33 anni, dottore di ricerca in Filosofia, e professore a contratto di abilità relazionali preso il dipartimento di scienze dell’uomo dell’università di Urbino “Carlo Bo”.

“Mario Tobino, - racconta il professor Roni - giacché sapeva leggere i suoi pazienti al di là della fronte, li considerava a ragione delle creature degne d'amore. La sua intensa attività di medico psichiatra e scrittore durata per oltre trentacinque anni rappresenta, ancora oggi, un punto di riferimento privilegiato per la definizione e la realizzazione di quel grande progetto di salute mentale che, al di là di ogni rigida dicotomia tra normale e patologico, interessa da vicino tutta la società”.

Non un modo per riempirsi la bocca di belle parole, non un progetto fine a se stesso nato solo per far gonfiare il petto delle persone che vi fanno parte, ma una realtá concreta e seria, in grado di ricordare in modo degno, ma soprattutto utile, la figura dello scrittore e medico Mario Tobino.

E proprio in quest’ottica la scelta di una professionalità di comprovata esperienza e finezza, come quella di Roni, e di una promessa per il futuro, come Camilla Zucchi, dimostra come si creda nella Fondazione e nel suo reale impatto per il territorio.

L’intellettuale militante

Si pensa, ormai troppo spesso, alla figura dell’intellettuale come a quella di un omuncolorinchiuso nella propria torre d’avorio, sommerso dai propri libri e dalla propria arroganza.

Riccardo Roni, ancora una volta, ci dimostra il contrario. “Attualmente l'intellettuale detiene una responsabilità globale, poiché le condizioni storiche gli impongono di guardare all'umanità intera e ai suoi destini, al di là di qualsivoglia differenza di nazionalità, del colore della pelle o di orientamento religioso. Per queste ragioni l'intellettuale è ancora militante”.

Una figura, insomma, sempre più fondamentale e necessaria quella dell’intellettuale militante. Per districare la complessitá della societá moderna. Per dare un punto di vista chiaro e oggettivo sul mondo. Per mettere “in sinergia dinamica le competenze professionali con la sensibilità umana che dovrebbe contraddistinguere chiunque abbia a cuore le sorti della collettività di cui, egli stesso, si considera parte integrante”.