Il 27 gennaio 2016, il Politeama di Manerbio (BS) ha partecipato allaGiornata della Memoriaproiettando il nuovissimo film di Giulio Ricciarelli:"Il labirinto del silenzio"(produzione tedesca). Contrariamente ai consueti film sull'Olocausto, la prospettiva scelta è "a posteriori": quella di chi era nato nel 1930 e viveva nella giovane democrazia della Germania Occidentale. Nella spensieratezza generale, però, inazisti non sono sicuramente scomparsi per magia. Sono i padri di quella generazione che è convinta di stare dalla parte del Bene. Inizia così lastoria veradeiprocessi di Auschwitz(1963).

La trama

Cosa può unire un avvocato di ideali rigorosi a un giornalista disinvolto e sleale? Johann Radmann (Alexander Fehling) è all'inizio della propria carriera di giurista, sulle orme del padre. Thomas Gnielka (André Szymanski) cerca d'infiammare l'opinione pubblica circa i crimini commessi adAuschwitz, che nessuno conosce. Nel 1958, laGermania Ovestvive tra festini e canzonette. E un ex-SS insegna ai bambini in una scuola. L'ossessione per la verità lega Radmann a Gnielka. Ma la giustizia ordinaria sembra avere strumenti inadeguati per perseguire i criminali di guerra. SI tratta di migliaia e migliaia di omicidi e concorsi in omicidio. Si tratta di distinguere la realtà dalla propaganda degli Alleati vincitori, non priva di certo razzismo antitedesco ("Siete fatti così").

Nel labirinto del silenzio, tutti - a poco a poco - si rivelano essere colpevoli. E la storia di Radmann diventa anche un percorso per imparare a vivere dopo Auschwitz. Per tornare a capire quale sia "la cosa giusta" da fare.

Dettagli

Il registaGiulio Ricciarelliè nato a Milano nel 1965, ma è tedesco per formazione ed esperienze professionali.

Così pure sono tedeschi la produzione e il cast del film. Le inquadrature privilegiano il primo piano e il dettaglio dei volti - come per indagare sui personaggi che sono indagati o indagano a propria volta. La visita dei protagonisti ai resti di Auschwitz vede mutamenti della profondità di campo: l'immagine del lager si sfoca e ritorna nitida, per segnalare il passaggio dall'introspezione allo sguardo sulla realtà.

Le testimonianze dei sopravvissuti si svolgono in assenza di audio, per riprodurre il silenzio che dà il titolo al film - e l'impossibilità di dire, di ricordare. La parola spetta al "giustiziere" Radmann. Il più eloquente "campo lungo" del film è l'ingresso del protagonista negli archivi dove i militari americani custodiscono i documenti delle SS. Le migliaia di caselle sature di scartafacci rendono, immediatamente e senza sensazionalismi, l'idea di cosa fosse la "macchina di Auschwitz" - e il labirinto in cui la coscienza nazionale rischia di perdersi.

Il film di Ricciarelli, come si è detto, si discosta dal filone consueto sulla Shoah, per considerare un lato non meno scottante: la generazione "pulita" che deve fare i conti col passato "sporco". Dimenticare i padri, come diceSalvatore Quasimodo- o ricordarli, per farla finita col labirinto del silenzio.