Il conto alla rovescia è terminato: Deadpool è di nuovo sugli schermi e questa volta Ryan Reynolds vuole farsi perdonare lo scivolone di “Wolverine – Le origini”.

Costato 58 milioni di dollari, il film – uscito negli USA il 12 Febbraio – ne ha già racimolato 325 milioni, ripagando gli sforzi di Ryan Reynolds, che si è assunto l’onere di produrre il film, oltre che vestire la tuta di spandex rosso e le cicatrici del suo protagonista, per assicurarsi che la resa cinematografica fosse all’altezza del personaggio, apparso per la prima volta nel Febbraio 1991.

Il film ripercorre le origini di Deadpool, alle prese con un fattore mutante di rigenerazione che è la sua cura e la sua condanna; ma è soprattutto, nelle parole stesse del suo personaggio, una “storia d’amore”.

La trama in breve

“Deadpool” comincia in medias res, con Wade Wilson – l’alter-ego umano del mercenario – impegnato a braccare Francis detto “Ajax”, colpevole di averlo sfigurato e unico in grado di riportare le sue fattezze a un aspetto decisamente più umano.

I titoli di testa svelano già subito il lato ferocemente sarcastico del film, con un fermo-immagine che coglie Deadpool nel mezzo di una lotta contro tre avversari in una macchina che sta pericolosamente sbandando, presentando chi ha lavorato al film con etichette come “buoni a nulla” (i produttori) o “un cameo inutile” (Stan Lee) e ancora “un personaggio totalmente costruito al computer”(Colosso).

La storia andrà avanti così su due piani sfalsati, alternando costantemente la caccia di Deadpool alla sua nemesi (“un inglese sadico”) nel presente, ai flashback che mostrano l’incontro con Vanessa (la famosa storia d’amore di cui sopra), la scoperta del cancro che gli funesterà l’esistenza e l’incontro con un misterioso e inquietante funzionario che lo introdurrà al progetto per risvegliare i geni mutanti sopiti nel suo DNA.

Peccato che il processo di trasformazione non sarà indolore, né gli scopi dell’organizzazione così limpidi come sembrava all’inizio.

Non solo politically scorrect

Deadpool” tiene fede al suo alter-ego fumettistico ed è scorretto oltre ogni limite, rompe la quarta parete rivolgendosi continuamente allo spettatore, fa riferimenti alla cultura pop e fumettistica che sono tanti e così variegati che persino i più informati rischiano di perdersi qualche battuta (ma continuano a ridere sul resto), viola ogni possibile codice non scritto del supereroe contemporaneo, ben incarnato da un Colosso così occupato a fargli la morale da risultare pedante in modo esilarante.

Eppure il film non è soltanto un’interrotta sequela di grandiose battutacce e inquadrature irriverenti. I momenti tristi e difficili non mancano e sono abbastanza forti da ammutolire una sala intera, che pure rideva fino a qualche istante prima. Il punto è come Wade Wilson, ex-soldato congedato con disonore e poi mercenario vagabondo, decide di affrontare i manrovesci che la vita gli assesta.

Deadpool se ne frega del buon senso, del buon gusto e di qualsiasi buonismo, non risparmia i suoi nemici, combatte per se stesso e non per un Bene Superiore, eppure questo non gli impedisce di ridere dei suoi avversari e della sua stessa vita, pur odiando il suo aspetto e quei poteri che avrebbero dovuto salvarlo e non condannarlo ad una vita d’inferno.

Non è un film per bambini ma consigliatissimo a ogni amante del genere supereroistico con abbastanza senso dell’umorismo da lasciarsi trasportare dai vaneggiamenti logorroici di Deadpool e da combattimenti francamente spettacolari.