"Risparmiate il mio volto, mirate al cuore, fuoco!". Con queste parole Gioacchino Murat, il 13 ottobre del 1815, si sarebbe rivolto al plotone di esecuzione che stava per eseguire la sentenza di condanna a morte in seguito alla cattura avvenuta l'8 ottobre, quando il Re di Napoli venne tradito da Courrand, suo capo di battaglione. Da quel momento, il destino dei resti del famoso generale francese è rimasto avvolto nel mistero. Difatti, in molti hanno sostenuto che, dopo la fucilazione, il 48enne Murat sia stato cremato e le sue ceneri disperse nel mare di Pizzo Calabro.

In realtà, da una serie di testimonianze e documenti storici, è emerso che i resti di colui che nel 1808 fu nominato Re di Napoli da Napoleone Bonaparte, fossero stati collocati nella cripta del duomo della cittadina calabrese.

I resti di Gioacchino Murat nella Chiesa Matrice di San Giorgio

I soci dell'Associazione Onlus Gioacchino Murat, da anni stanno portando avanti una battaglia affinché si indaghi a fondo sul destino del corpo del sovrano francese, dopo la fucilazione ordinata dai Borbone. Ebbene, dopo 7 anni di tira e molla, il Comune di Pizzo Calabro ha accettato di autorizzare un'esplorazione nella cripta del Duomo, il cui cimitero sotterraneo contiene innumerevoli resti umani. Del resto, una targa apposta sul portale dell'edificio ecclesiastico, ricorda come al suo interno vi siano anche le tombe di due illustri personaggi, quali "Gioacchino Murat re di Napoli e Antonio Anile poeta".

Basandosi sulla testimonianza storica del canonico che si occupò della confessione e dell'estrema unzione del maresciallo napoleonico prima della condanna a morte, il corpo di Murat sarebbe stato rinchiuso all'interno di una bara, a sua volta avvolta in un grande manto nero. Al momento dell'apertura della cripta, è stato possibile accedere al grande cimitero sotterraneo del Duomo di Pizzo e qui è stata individuata e fotografata una bara che era posta in piedi tra mucchi di anonime ossa umane.

Attorno a questo feretro sembra vi fossero resti di un drappo nero, come indicato dalla documentazione storica. A questo punto, si ritiene che le ossa ivi contenute possano essere proprio ciò che resta di colui che regnò a Napoli a partire dal 1808, passato alla storia per aver introdotto nel Regno il Codice Napoleonico che, nel 1809, legalizzò il divorzio, l'adozione e il matrimonio civile.

I resti recuperati dalla cripta della Chiesa Matrice di San Giorgio verranno sottoposti all'esame del DNA per sapere con certezza se siano realmente quelli di Gioacchino Murat. Rosa Pacifico, membro di spicco dell'Associazione, ha spiegato che verrà effettuato un confronto tra il codice genetico delle ossa conservate nella bara e gli eredi del generale francese che, attualmente, vivono in Francia. Entro la fine di marzo dovrebbero arrivare i risultati del test del DNA e si saprà, con certezza, se i resti del Re di Napoli, Gioacchino Murati, saranno stati effettivamente ritrovati e restituiti alla storia.