Fra i tanti autori di Batman, Alan Moore, creatore di capolavori come V per Vendetta, Watchmen e From Hell, si distingue dagli altri non solo per lo stile narrativo ma anche per il capovolgimento di prospettiva sulla realtà di Gotham City.

Rispetto ad autori come Frank Miller o Grant Morrison, che si sono adoperati per sistemare la “genesi” dell’uomo pipistrello, con il suo Batman: The Killing Joke l’autore riesce ad intavolare una storia basandosi tanto sulle origini quanto sulla “distorta” visione del nemico numero uno di Bruce Wayne: il Joker.

L’opera dell’autore britannico, che per la prima volta cambia le carte in tavola nell’universo fumettistico, pone l’accento su una serie di aspetti che legano Batman e il criminale clown e, allo stesso tempo, si pone il duplice obiettivo di chiarire le origini del Joker e di far cogliere al meglio la follia del villain attraverso la particolare metafora della “giornata storta”.

La storia prende piede con l’ennesima fuga dall’Arkham Asylum (il manicomio criminale di Gotham) da parte di Joker che, intento a dimostrare all’ acerrimo nemico e al mondo la sua bizzarra teoria (qualsiasi individuo, a seguito di una giornata storta, può impazzire e, tendenzialmente, diventare malvagio), comincia a tramare un folle piano criminale da attuarsi all’interno di un tetro Luna Park (che lo stesso Joker sottrae al proprietario grazie all’aiuto del mortale gas esilarante).

Per provare la tesi della “brutta giornata”, che per lui è tutto ciò che divide i sani dagli psicopatici, decide di coinvolgere uno dei simboli della giustizia di Gotham come il commissario Gordon che, dopo l’irruzione in casa che condanna sua figlia Barbara all’invalidità a seguito di un colpo partito dalla pistola del bandito, viene condotto nel Luna Park per subire atroci torture.

Nella parte centrale della storia, che tende a rafforzare la folle teoria, viene descritta la “brutta giornata” che ha portato Joker a diventare quello che è nella realtà.

Prima di diventare il folle villain della città, Joker era una persona del tutto normale, che, a causa della sua scarsa fortuna come comico, decide di tentare il colpo della vita, da fare nell’azienda chimica in cui lavorava precedentemente, con due loschi individui che lo obbligano ad indossare il casco dell’ex bandito cappuccio rosso.

Nonostante la notizia della morte di moglie e figlia, Joker è costretto a portare avanti la rapina dove, nonostante le accortezze del caso, viene scoperto da Batman che accidentalmente provoca la sua caduta in un silos di sostanze tossiche che lo trasformerà nel famoso pagliaccio.

Ecco Batman: The Killing Joke

Nel frattempo, con Gordon in pugno e le sevizie per condurlo alla pazzia (che dimostrerebbero, appunto, la precedente teoria), un dubbioso Batman, che è sempre più convinto di arrivare allo scontro finale con il nemico, comincia le indagini per salvare l’amico.

Scovato il nascondiglio, con conseguente salvataggio di Gordon, Batman e Joker mettono in atto quello che entrambi credono sia l’epilogo di una storia durata fin troppo tempo.

Nonostante riesca a difendersi dignitosamente, sferrando anche duri colpi all’avversario, il Joker viene travolto dalla forza del vigilante che, proprio quando sembra volgere tutto alla fine, offre all’arcinemico un’ultima chance di redenzione.

E’ proprio in questo istante che Moore evidenzia tanto il legame indelebile tra i due personaggi quanto la prova, mostrata dalle vite di entrambi, che la teoria del pagliaccio non è del tutto sbagliata.

Joker, infatti, rifiuta le cura, affermando che ormai è troppo tardi, e, dopo una battuta non proprio degna di nota, scoppia in una sonora risata…… che, paradossalmente, coinvolge anche il Cavaliere Oscuro.