Lo spazio espositivo della Galleria 5 del Maxxi a Roma diventa teatro fino al 21 maggio di una retrospettiva artistica incentrata sulla tematica della prigionia in senso metaforico in cui si trova reclusa la società odierna, minata sempre più da terrorismi di stampo consumista.

I curatori Hou Hanru e Luigia Lonardelli hanno cooptato 26 artisti che attraverso le loro 50 opere hanno mostrato vari aspetti della problematica, improntando la rassegna di un habitus di denuncia sociale.

Il carcere come metafora

Il monito espositivo è una frase al neon del collettivo artistico, Claire Fontaine, Please come back, posta a suggello del richiamo ossessivo degli input commerciali che incitano il consumatore a rivolgersi all’acquisto.

Questo collettivo artistico, creatosi a Parigi nel 2004, utilizza come mezzo espressivo una rielaborazione del ready made alla Duchamp, volto a stigmatizzare il ruolo impositivo del mercato del consumo, che, dissimulando in modo ruffiano, induce all’asservimento del cliente.

Altro monopolio contemporaneo viene considerato l’esasperazione del controllo mediatico che ingabbia l’individuo in sistemi di iperconnessione.

L'iter espositivo

L’intento volto a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni di prigionia è rappresentato dalla sezione in mostra Dietro il muro, ove l’esperienza personale di alcuni artisti detenuti come il noto artista Ai Weiwei, torturato e imprigionato per la sua dissidenza nei confronti del regime politico cinese, Gülsün Karamustafa, vittima di violenze in Turchia e Zhang Yue assurgono a icone di quella ripetitività alienante che caratterizza il mondo della reclusione e della frustrazione di una volontà comunicativa monca, assente.

L’iter in mostra persegue il focus della sorveglianza, contemplato nello spazio vitale delle carceri, continuamente oggetto di osservazione e controllo e di vigilanza in senso allegorico che assoggetta il quotidiano reale contemporaneo.

Significativa a tal proposito è l’indagine empirica condotta dell’artista Harun Ferocki che esamina la dialettica tra l’imposizione tecnologica e quella visiva, operando sul campo con telecamere di sorveglianza, nella prigione californiana di Corcoran.

La sezione Fuori dalle mura pone l’accento sul contagio di una prigionia, anche al di fuori delle sbarre carcerarie, illustrato dallo stilema cronachistico di Mikhael Subotzky che espone video prestati dalla polizia di Johannesburg. Infine nel settore Oltre i muri, Simon Denny presenta il suo suggestivo progetto, traendo ispirazione dalle rivelazioni di Edward Snowden sul sistema di controllo della National Security Agency.

Una mostra antiretorica al Maxxi che fa riflettere sulla nostra condizione sociale sempre più insidiata da monopoli consumistici, totalitarismi di stampo finanziario e reclusione ideologica.