Due grandi amici parlano di esistenza e di quelli che dalle loro parti sono chiamati “filosofastri”. Le intenzioni di Mauro corona e di Luigi Maieron, sono, fra le altre, quelle di condurre il lettore presso uomini e donne di cui non si parla nei libri di scuola né si trovano su internet. Tra aneddoti, riflessioni e citazioni vengono presentate, nel loro nuovo Libro, quelle figure che, probabilmente, hanno sancito una certa ‘istruzione’ non accademica per i due scrittori.

Il libro

Il titolo del lavoro di Corona e Maieron è di stile minimalista, ‘Quasi niente’, edito da Chiarelettere e pubblicato il 16 marzo 2017.

Le pagine di questo libro e tenendo presente l’indole degli autori, andrebbero fruite, verrebbe da dire, attraverso una voce narrante. Di notte. Magari in uno dei tanti posti di montagna tanto amati dai due. Davanti ad un fuoco che sprizza scintille e crepita. Mauro e Luigi, già dalle prime pagine ambientate nei pressi di Col Nudo, la punta più alta delle Prealpi venete, ripercorrono insieme le loro vite. Ne disegnano luci e ombre. Fanno quello che essi stessi definiscono “il riassunto di un’esistenza”.

Lo stile narrativo che permea “Quasi niente”, a tratti, ha il sapore del fiabesco. I temi principali sono individuati in diverse direzioni. C’è la lealtà; la perdita e la fragilità; c’è la pace interiore e anche, il silenzio e il senso del limite.

I due trattano anche, e non potrebbe essere diversamente, della Cultura. Quest’ultima e in particolare per Corona, appare in questo terzo millennio, priva di quella sobrietà adatta ad indicare una qualche via chiara. Infatti, lo scrittore di essa dice che “E' troppo sofisticata e contorta”. Con “Quasi niente”, Corona cambia casa editrice; passa dalla Mondadori a Chiarelettere.

Il ‘Campiello’, quasi una vittoria

Insieme a "Quasi niente", vale la pena ricordare le caratteristiche, anche psicologiche, del personaggio Corona. Tre anni fa, a Venezia. Al momento della proclamazione del vincitore del Premio Campiello, lui era lì. Insieme alla sua immancabile bandana, ai suoi pantaloni e scarponi da montagna.

Neanche in quell’occasione era riuscito a convertirsi allo smoking. Aveva preferito la camicia e tutto l’armamentario citato prima. Partecipava all’evento con una certa tranquillità d’animo. Tuttavia, quando il presentatore annunciò il titolo dell’opera vincitrice e il suo autore, la delusione sul suo volto ebbe la meglio. Quell’anno, il vincitore – quello vero – fu Giorgio Fontana con il romanzo “Morte di un uomo felice”, edito per i tipi della Sellerio.

Il fatto è che, in quell’occasione, Mauro era persuaso della propria vittoria. Era talmente sicuro da non lasciar trasparire nessuno scuotimento. Insomma, era a Venezia per aggiudicarsi uno dei premi letterari italiani più prestigiosi. Non era il caso di agitarsi più di tanto.

Poi, lui, uomo forgiato tra i monti, non poteva avere di certe debolezze. Invece e probabilmente, il primo a sorprendersi di quella reazione, fu lo stesso romanziere. Oggi e in riguardo a quell’evento, Corona dice: “Ci tenevo molto a vincerlo, perché per un ertano, per uno che viene dai boschi e dalla miseria, portare il Campiello al suo paese era una forma di riscatto”.