Nella sede del Teatro dei Dioscuri al Quirinale è in corso un’esposizione fino al 28 maggio dedicata all’artista Pino Settanni (1949-2010), fotografo espressione di una poetica realista. Il corpus fotografico dell’artista è stato donato all’Istituto Luce Cinecittà che ora è investito quale ente promotore di questa rassegna. I curatori Monique Settanni, Gabriele D’Autilia ed Enrico Menduni hanno optato per un taglio sociale raccogliendo un nutrito nucleo di scatti sulla tematica del viaggio nel Sud contemporaneo.

Vita e stile

Nativo di Grottaglie, provincia di Taranto, lavora come operaio all’Italsider, ma già il suo acume artistico si disvela nella giovane età.

La sua tensione nell’osservare e nel cogliere l’inaspettato e il nascosto lo portano a professionalizzarsi da autodidatta nel campo della fotografia. Durante una collaborazione con una rivista conosce la sua futura compagna di vita Monique Gregory, nota gallerista romana che gli apre la scena del mercato artistico della capitale. Significativo sarà il suo incontro con Renato Guttuso dal quale nascerà un proficuo connubio che verterà sulla imago della Sicilia.

L’arte di Settanni è caratterizzata dall’intensità di una mimica fotografica che mostra con immagini silenti una verità, una denuncia implicita di uno stato degenerato di lassismo in cui vertono angoli del Sud dimenticati a loro stessi. Capitolo fondamentale della vocazione dell’artista risiede nello spessore della sua ritrattistica dell’universo culturale e cinematografico.

Volti quali Fellini, Mastroianni, Monicelli, Monica Vitti vengono immortalati nel loro habitus introspettivo dal fotografo con abnegazione. Egli si pone con umiltà nella sua arte rivelando delicatamente visi, luoghi e anime. Un altro cardine del suo lavoro sarà il reportage su paesi quali il Mezzogiorno d’Italia, i Balcani e l’Afghanistan.

Il fotogiornalismo è contemplato da Settanni in un’ottica peculiare, la sua denuncia è sottile, sussurrata, le immagini, quasi dipinti in alcuni casi, evocano una sensibilizzazione a certe tematiche, sfiorandole, mostrando l’umanità segreta dei luoghi.

La mostra

L’iter espositivo accoglie un percorso a tappe che parte da un registro di scatti di un viaggio nelle terre del Sud nel biennio 1966-80 e attraverso un’iconografia in bianco e nero ne delinea un assetto antropologico, come un urlo soffocato che lascia spazio unicamente a un’“espressionismo” degli umili, del folklore: una teatralità del frugale.

Osservandole si percepisce un legame forte con la terra, con la vita, con gli impulsi primari vitali. Una prosa dell’esistenza e un grido di rivendicazione. Una sezione significativa è quella dedicate alle donne con il fermo intento di dar loro una dignità e identità, con tinte accese e sguardi vividi.

Questa mostra al Teatro dei Dioscuri è un sentiero verso un’acquisizione della consapevolezza della marcescenza di alcune realtà odierne, ma allo stesso tempo nutre una speranza sottesa di rivincita e di vita.