Una storia con l'anima. E' la storia di un cuore violentato, costretto, suo malgrado, ad armarsi della forza rivoluzionaria dei sentimenti e a diventare simbolo di riscatto. E' la storia di una ragazza obbligata dalle sue vicende personali a trasformarsi in una ribelle che non accetta di piegare il capo dinanzi a un sistema e a una società che la vorrebbero remissiva, consenziente e silente. E' la storia di Franca Viola, dal cui cuore si leva un "gran rifiuto" che cambia la legislazione italiana e spiana la strada alla lotta per i diritti delle donne.

Come spesso accade nel corso degli eventi, infatti, il coraggio di uno o di pochi riesce a mutare lo stato delle cose, tracciando nuove vie, indicando differenti prospettive, scuotendo la polvere, diventando elemento di destrutturazione. Anche in uno Stato di diritto.

Girato a Galati Mamertino nel 2015 e qui proiettato, per la prima volta in Sicilia, lo scorso 16 agosto, "Viola, Franca" è un cortometraggio con l'anima, come la storia che racconta: vi sono dentro l'anima di Franca Viola, l'anima della regista Marta Savina, l'anima degli attori, l'anima di un paese che, con i suoi scenari naturali, con la sua gente e con ogni sua singola pietra, ha accolto e abbracciato questa storia.

La storia di Franca Viola

Siamo ad Alcamo, in Sicilia, nel 1965. Franca è una giovane ragazza del paese. La sua vita è legata alla famiglia, alla terra, alle consuetudini. Una bellezza che non passa inosservata accompagna i suoi 17 anni di freschezza e di candore. Una bellezza che ben presto, le attira le attenzioni, respinte, di un arrogante signorotto locale, Filippo Melodia.

Ma in una società dai codici definiti, che intrappola uomini e donne in ruoli ben precisi, ogni cosa deve stare al suo posto, ogni cosa deve seguire le logiche di comportamenti cristallizzati. E, così, Franca si ritrova all'interno di un cerchio che si stringe vertiginosamente intorno alla sua dignità di donna e di creatura: la corte rifiutata, il sequestro, lo stupro, il matrimonio atto a sanare la violenza consumata e la vergogna.

La ragazza deve sposare il suo carnefice: reato estinto per la legge (secondo quanto stabilito all'art. 544 del codice penale) e onore riparato per la società. Ogni cosa al suo posto. Ma Franca non ci sta. La sua "vergogna" diventa la sua forza. Il suo "no" risuona ovunque: per le strade del paese, negli sguardi accusatori della gente, nella camminata a testa alta del padre, nei tribunali, sui giornali, nella condanna del suo stupratore a 11 anni di carcere. E' il primo "no", in Italia, alla legge sul matrimonio riparatore, che verrà abrogato nel 1981, dopo anni di lotte: il coraggio di Franca Viola, con la forza di una mai urlata perseveranza, cambia il codice penale.

E soltanto nel 1996 lo stupro verrà legalmente riconosciuto non più come un reato “contro la morale”, ma come un reato “contro la persona.”

Il cortometraggio di Marta Savina

Nominato ai David di Donatello come miglior cortometraggio, candidato nella categoria Corti d’Argento ai Nastri d’Argento, nonché ad un Emmy come Miglior Dramma per il College Television Awards, “Viola, Franca” è stato proiettato (unico titolo italiano presente nella selezione ufficiale) in anteprima mondiale in occasione del prestigioso Tribeca Film Festival di New York, il 22 aprile 2017 e, attualmente, è rientrato tra i 10 finalisti del Manhattan Short Film Festival, qualificandosi per la competizione agli Oscar. Il cortometraggio di Marta Savina, complice uno scenario fuori dall'ordinario, il 16 agosto ha illuminato una calda serata d'estate a Galati Mamertino, il piccolo paese in provincia di Messina che lo ha visto nascere e a cui sono legate le origini della giovanissima regista.

Marta tratta con delicatezza e garbo la storia, avvicina sapientemente persone e atmosfere, mescola magistralmente colori e voci, suscita empatia, evoca un rispettoso silenzio durante lo scorrere di ogni scena.

L'attrice siciliana Claudia Gusmano convince e avvince nel ruolo di Franca Viola: un viso pulito, un cuore sfaccettato, un'intensa e coinvolgente interpretazione, nutrita da sguardi e da silenzi che dicono più di un'infinità di parole. Altrettanto persuasiva e ricca di colore la performance di Carlo Calderone nelle vesti di Filippo Melodia e quella di Ninni Bruschetta nel ruolo del padre. Quindici minuti. Possono essere pochi quando ci si lascia catturare e scuotere da una storia di cui si vorrebbero conoscere tutti i dettagli, tutte le sfumature. Ma possono essere un'eternità quando ogni singolo attimo riesce a sublimare e a rendere universali sentimenti e conquiste, oltre la finitezza del tempo e dello spazio.