"Magic mirror on the wall, who is the fairest one of all?". La risposta dello specchio alla domanda della regina scatena una delle reazioni più malvagie immaginabili, ma le fiabe tradizionali, se lette con occhio critico, oggi equivarrebbero a thriller non necessariamente a lieto fine. Quante traversie hanno dovuto passare le principesse, prima di sedersi rilassate sul loro trono, accanto al principe azzurro! Ce le hanno raccontate, inimitabilmente, Walt Disney e i prosecutori della sua opera e, fino al 25 febbraio 2018, la mostra "Sogno e Avventura - 80 anni di principesse nell’animazione Disney da “biancaneve e i Sette Nani” a Disney Frozen", negli spazi del milanese museo del fumetto "wow", in collaborazione con The Walt Disney Company Italia.

L'occasione è l'ottantesimo anniversario, 1937-2017, dell'uscita cinematografica di "Biancaneve e i sette nani" e a festeggiare sono anche Cenerentola, Rapunzel, Jasmine, Ariel, Belle, Merida, fino ad Anna ed Elsa, riproposte attraverso locandine, disegni originali, album, foto dai set, video, giochi, libri d'epoca, musica e fumetti, in un magico, colorato itinerario, che, oltre a far sognare, svela anche le tecniche di animazione e la loro evoluzione, dalla paziente manualità al contemporaneo digitale.

Alla visita si può abbinare la partecipazione a laboratori didattici ed incontri, nonché a proiezioni, collegate al progetto MediCinema, per raccogliere fondi da utilizzare per la realizzazione di una sala cinematografica all'ospedale Niguarda di Milano: una declinazione terapeutica, per portare sollievo psicologico e favorire l'aggregazione e la compagnia.

Biancaneve rappresenta, dunque, lo spunto. Ma da chi lo prese Disney? La versione più diffusa della fiaba è quella firmata dai fratelli Grimm, che, peraltro, la modificarono sette volte, dal 1812 al 1857, rifacendosi - da filologi quali erano - alla tradizione orale folclorica.

Karl-Heinz Barthels, farmacista di professione e appassionato studioso di storia locale (nato proprio nel 1937 e morto nel 2016) è stato autore di una interessante tesi per cui la città di Lohr am Mein, al centro della parte meridionale della Germania, sarebbe stata teatro, nel Settecento, della vicenda che poi ispirò la fiaba.

Molti elementi, in effetti, combaciano perfettamente: Biancaneve, anzi, Schneewittchen era, in realtà, Maria Sophia Margaretha Catherina von Erthal, figlia del principe del luogo, nata il 15 giugno 1729 dalla prima consorte del padre che, in seguito, donò alla seconda moglie Claudia-Elisabeth von Reichenstein uno specchio-giocattolo parlante, attualmente esposto al museo di Spessart, nel contesto di una collezione.

La zona, mineraria, giustifica anche il mestiere dei nani (e le gallerie la loro statura) e il particolare della bara di vetro si riconduce all'industria vetraria della regione, oggi Mein-Spessart. Invisa alla matrigna, la giovane fu costretta a fuggire dal castello e a rifugiarsi nei boschi limitrofi, morendo poco dopo, vittima del vaiolo: una fine atroce, distorta nella vulgata, andando a caricare negativamente la già oscura figura di Claudia-Elisabeth. Dunque non tutti vissero felici e contenti: per ritrovare le atmosfere rosa, bisogna rimanere a Milano e uscire dalla realtà, entrando in quella dei cinguettanti passerotti disneyani.