Sin dalla sua pubblicazione nel 1955, “Lolita” di Vladimir Nabokov è considerato uno dei romanzi più scandalosi e originali di tutti i tempi. Eppure la mitologia, e purtroppo anche la storia, sono piene di racconti che riguardano uomini maturi e ragazze fin troppo giovani. Nel corso degli anni, diversi studiosi hanno cercato di dimostrare la mancanza di originalità dell’opera. Chi riuscì quasi nell’intento fu un critico letterario tedesco, Michael Maar, che nel 2004 sostenne che la trama di “Lolita” era ispirata a un racconto di 18 pagine scritto da uno sconosciuto giornalista, Heinz von Eschwege, e pubblicato nel 1916 proprio con il titolo “Lolita”.

Dimitri, figlio di Nabokov, respinse con forza ogni insinuazione adducendo come prova il fatto che il padre non parlasse tedesco, e che quindi non avrebbe mai potuto leggere il racconto di Von Eschwege.

Oggi Delia Ungureanu, vicedirettore dell’Institute for World Literature all’Università di Harvard, sostiene che la vera fonte di ispirazione dello scrittore russo naturalizzato americano sia in realtà un racconto pubblicato nel 1931 e scritto dal pittore Salvador Dalí.

Lolita e Dulita, le trame a confronto

Durante le sue ricerche sul tema del sogno nella letteratura, Delia Ungureanu si è imbattuta in un racconto semi-sconosciuto del pittore spagnolo, intitolato Rêverie: An Erotic Daydream”. Le due trame, in effetti, hanno molti punti in comune.

In “Lolita” il protagonista è Humbert Humbert, un professore di mezza età coinvolto in una relazione perversa con la sua figliastra di 12 anni. “Rêverie” racconta le fantasie di un maturo pittore che pianifica di sposare una coetanea e sedurre la sua giovanissima figlia di nome Dulita. Nel racconto, Dalí descrive come l'uomo abuserebbe di Dulita nelle stalle di un vecchio castello, “tra erogene pile di escrementi e paglia marcia”.

Prove a favore della tesi

Nella sua indagine, Delia Ungureanu ha scoperto che Dulita viene nominata non solo nel racconto “Rêverie” ma anche nell’autobiografia “La vita segreta di Salvador Dalí”, e che Nabokov avrebbe potuto avere facile accesso a entrambe le opere. Lo scrittore, infatti, durante il soggiorno a Parigi – alla fine degli anni ’30 – frequentò diversi circoli di surrealisti.

E la storia di Dulita fu pubblicata in quegli anni sulla rivista letteraria francese Le Surréalisme au service de la révolution. Inoltre, il New Yorker pubblicò la recensione dell’autobiografia di Dalí nello stesso periodo in cui lo scrittore vi lavorava.

Come ulteriore prova, secondo la Ungureanu, ci sarebbe l’omaggio che Nabokov avrebbe reso a Dalí proprio attraverso le righe del suo romanzo. In una scena, Lolita è seduta sulle gambe del professore e gli mostra la foto su un magazine che ritrae un pittore surrealista accanto a una riproduzione semi-sommersa della Venere di Milo. La studiosa ha scoperto che Salvador Dalí creò una riproduzione della stessa opera e che fu fotografato nella stessa posizione per la rivista Life nel 1941.

A differenza di Michael Maar, però, per Delia Ungureanu non si tratta di plagio ma di “scambio creativo” tra contemporanei. “Nabokov combina la spoglia trama della vecchia storia di Dulita con l’emozione poetica del racconto di Dalí, e questo diventa la sua Lolita” ha detto. “È un atto di prestito creativo, riutilizzo, e reimmaginazione”. Secondo la studiosa, questo aiuterà i lettori a capire meglio l’ampio spettro di influenze dell’autore.