S'intitola l'Amore Malato la mostra del pittore Gino Tonello che sarà inaugurata il 25 novembre al Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo. L'amore sfigurato dalle violenze diviene ispirazione artistica non per edulcorare le brutture, ma per far filtrare la luce di una pietas che diviene legame sociale, coinvolgimento e partecipazione di valori per contrastare la forza distruttrice della violenza. La brutalità lascia il vuoto, quello che l'artista ha letto nello sguardo di donne che hanno subito comportamenti violenti, nelle ferite stratificate di un' inquietudine incolmabile.

Oltre la retorica di rito, resta qualcosa da fare, un messaggio da consegnare, soprattutto ai più giovani per vincere l'indifferenza, il cinismo e la sopraffazione. "Mi è stato obiettato che quadri con volti, occhi, bocche deformati, non sarebbero nemmeno facilmente acquistabili - ha dichiarato Gino Tonello - ed io ho replicato che quando chiesero a Picasso se avesse fatto lui Guernica, egli rispose 'no, lo avete fatto voi'."

La Guernica sociale della violenza contro le donne non va rimossa e neppure relegata ai "bollettini di guerra" delle cronache giornaliere. Per dire no ad ogni forma di aggressività, il Palazzo del Comune di Rovigo, in adesione all'iniziativa promossa dalla Regione Veneto, il 25 novembre si tingerà di rosso.

Quell'assenza che interpella

Una sedia vuota, un paio di scarpe rosse. In tanti flash mob sul femminicidio e la violenza indicano tragedie consumate, qualcuna che dovrebbe esserci e non c'è più. Assenze e vite violate che sono solchi incancellabili rispetto ai quali la risposta delle istituzioni non può che essere educativa, come hanno sottolineato Alessandra Sguotti e Patrizia Borile, responsabili dei referati alla Cultura e alle Pari Opportunità del Comune di Rovigo.

Si è attivata la collaborazione con le scuole con progetti che puntano alla formazione integrale della persona orientando i ragazzi verso il valore della cittadinanza responsabile e consapevole. Giuseppina Dall'Aglio, insegnante dell'Istituto "Cristina Roccati", ha riferito l'esperienza di campi scuola durante i quali alcune ragazze sono state attente "formatrici" di bambini che manifestavano atteggiamenti violenti.

La "prevenzione culturale" sembra essere una risposta efficace anche se non risolutiva insieme alla logica riparativa dei traumi sofferti, come ha affermato Maria Grazia Avezzù, referente del Comitato di Pilotaggio del Centro Antiviolenza del Polesine secondo la quale "è necessario tentare di ricomporre vite spezzate ed è molto importante l'opera di sensibilizzazione verso i giovani".