Come ogni anno, Natale è passato rimpinguando le nostre case di regali e pensierini. Fotografie, biglietti, vestiti, oggetti, alimentari, cose utili o decisamente inutili. Ogni dono ricevuto porta con sé un messaggio più o meno esplicito. C'è stato un tempo in cui regalare portava ad alleanze politiche e rinnovati equilibri economici. Per capire meglio, ci affidiamo al celebre antropologo e sociologo Marcel Mauss.

Lo studioso si concentrò a lungo su due rituali (già analizzati da illustri predecessori): il "potlatch" nordamericano ed il "kula" delle isole Trobriand, nell'Oceano Pacifico.

Il "potlatch", praticato lungo la costa nord-occidentale di Canada e Stati Uniti, prevedeva la distruzione di beni preziosi o la distribuzione di essi a tutta la comunità, spesso in concomitanza con matrimoni e banchetti. L'obiettivo, per le famiglie che promuovevano questa pratica, era quello di ostentare ricchezza ed affermare il loro potere. Attraverso la dilapidazione o la condivisione spassionata di beni, nasceva un'economia unica nel suo genere. Nel secondo caso, gli abitanti dell'arcipelago navigavano di isola in isola scambiando collane di conchiglie lungo una traiettoria sud-nord, e bracciali di madreperla bianca in direzione opposta. Ogni viaggio era accompagnato da riti molto sentiti dalla popolazione, ed aveva lo scopo di rafforzare i rapporti di fiducia e le alleanze.

Sia il "potlatch" che il "kula" non sono semplici scambi: il regalo assume un significato incredibilmente più ampio. Non è un gesto rapido né compiuto con leggerezza. I numerosi rituali che anticipano ed accompagnano entrambi gli esempi ci fanno capire l'ampiezza del raggio d'influenza del dono. Regalare, per i nativi nordamericani ed i trobriandesi, è un viaggio, un culto, un'affermazione di potere, un contratto matrimoniale, un'alleanza, una potente pratica economica.

Siamo sicuri che oggi, nella nostra realtà sociale, donare non abbia risvolti altrettanto importanti?

Il regalo in età contemporanea

Il regalo si riceve gratuitamente? Non sempre. Tutti - ammettiamolo - speriamo che la persona cui porgiamo il pacchetto ricambi. Qualora ciò non dovesse accadere, certamente non crollerebbe alcun equilibrio economico collettivo.

Tuttavia verrebbe a mancare un po' della fiducia che riponevamo nell'ingrato. A livello interpersonale, lo scambio è fondamentale: indica una parità di ruoli, una complicità negli intenti, e suggella un patto d'amicizia che si estende a tanti ambiti della vita quotidiana.

Colui che definiamo amico sarà la persona cui chiederemo aiuto nei momenti difficili o assistenza nelle criticità. In caso di risposta affermativa, saremo più motivati a contraccambiare. Non di meno, il dono è un potente strumento di "captatio benevolentiae". Figli di una cultura segnata dall'indottrinamento cristiano (e non pensate che questo derivi esclusivamente da anni di catechesi), siamo portati ad ammirare e rispettare chi elargisce e condivide gratuitamente.

La gratuità pone in una posizione di rilievo rispetto al materialismo della sopravvivenza.

Insomma, ogni volta che sbuffiamo all'idea di acquistare regali per amici e parenti, vale la pena ripensare al "potlatch" o al "kula": un dono può rivelarsi un vero investimento in termini di relazioni sociali.

È il caso di dire che spesso "il pensiero non basta".