Animale Razionale. Questa la definizione che Aristotele diede dell’uomo più di duemila anni fa. In quanto ‘Animale’, l’uomo condivideva le caratteristiche comuni a tutti gli animali, ma in quanto essere ‘Razionale’, e proprio in virtù di questo raziocinio, egli si differenziava da tutte le altre specie.

Tuttavia, nonostante i tentativi continui perpetrati nei secoli da parte dei sostenitori di questa tesi, i quali erano volti a sminuire e denigrare qualunque altra parte dell’uomo che non comprendesse la razionalità, si è dovuto far fronte, in ogni tempo, all'esigenza, quasi intrinseca, dell’irrazionale.

Ponendo l’accento sulla razionalità, già Aristotele aveva implicitamente indicato una superiorità di quest’ultima sull'irrazionalità, pur sostenendo di dover sempre trovare una sorta di ‘aurea mediocritas’ tra ‘ragione e sentimento’.

L’irrazionalità, però, sarebbe una peculiarità umana tanto quanto la razionalità, che nulla ha da invidiare a quest’ultima. In questo caso non si potrebbe evitare di citare Friedrich Wilhelm Nietzsche, il cui pensiero è stato estremamente incisivo per gli sviluppi della filosofia a lui posteriore. Riassumere un filosofo come Nietzsche non è un’opera semplice, soprattutto data l'asistematicità del suo pensiero. In ogni caso risulterebbe d’obbligo citare un’opera come ‘La nascita della tragedia’, che racchiude in stato embrionale molti dei nuclei tematici trattati dal pensiero di un Nietzsche maturo.

All'interno di quest’opera, che tratta dell’origine del pessimismo greco, possiamo trovare l’identificazione della contrapposizione tra spirito apollineo e spirito dionisiaco, le due forze che muovono l’animo umano. Mentre il primo rappresenterebbe proprio ciò che poche righe più in alto abbiamo introdotto, ossia la razionalità, identificandosi con l’ordine, le arti plastiche e gli dei olimpici, il secondo si configurerebbe, all'opposto, come l’irrazionalità personificata nell'ebbrezza, nella musica e nella frenesia orgiastica delle feste di Dioniso.

La tesi avanzata da Nietzsche prevede che all'origine del pessimismo greco, quindi di ciò che egli identifica come l’inizio del declino della grecità, si trovi la prevaricazione dello spirito apollineo su quello dionisiaco. Le due forze, inizialmente in equilibrio, diedero vita alla tragedia attica, ritenuta da Nietzsche come il punto più alto mai raggiunto dall'arte nella storia dell’umanità.

Le cose erano destinate a cambiare e, con l’avvento delle tesi socratiche, portate avanti dalla tragedia di Euripide, l’ordine plastico e razionale ruppe l’equilibrio con il disordine ebbro e irrazionale, dando vita al periodo da Nietzsche identificato come ‘decadente’. La figura di Socrate, qui introdotta, verrà ripresa e criticata aspramente all'interno de ‘Il Crepuscolo degli Idoli’, uno degli ultimi testi scritti dal filosofo tedesco. Da quel preciso momento storico, l’umanità ha subito un declino inevitabile, legato indissolubilmente alla prevaricazione della ragione e alla mancanza di accettazione dell’irrazionale come possibilità per l’animo. La via d'uscita da questo grande problema, acuitosi successivamente all'avvento di Platone, e portato al massimo livello dal Cristianesimo – ‘una metafisica del Boia’, per il filosofo - sarà per Nietzsche il concetto di ‘trasvalutazione di tutti i valori’.

La Trasvalutazione è possibile?

Introducendo questa trasvalutazione, ossia rivalutazione, Nietzsche intende minare alle fondamenta di tutto ciò a cui la razionalità, con Socrate, Platone e il Cristianesimo, ha portato. Mentre le morali proposte dai ‘sostenitori della ragione’ portavano a “dire No alla vita”, Nietzsche intendeva “dire Sì”, dove per ‘Sì’ era intesa la volontà di riportare l’ordine tra razionale e irrazionale, seppur con un gesto forte, che si identificava in un vero e proprio attacco alla ragione, rivalutando tutti i valori ad essa collegati.

L’irrazionalità non si è però fermata nel toccare la filosofia, come ci è dimostrato dalle varie correnti artistiche, fra cui il dadaismo, che promuovevano un ideale di arte differente da quella canonicamente intesa.

Essa è giunta ancora alla letteratura, come chiaramente si evince dalla testimonianza di Albert Camus, scrittore francese vissuto nella prima metà del novecento, le cui opere hanno avuto una grande influenza sulla cultura di massa. Per Camus, folle è colui che intende eliminare l’irrazionalità da sé, diversamente da ciò che dovrebbe fare, ossia imparare a controllarla. Controllarla creando un giusto equilibrio, un’aurea mediocritas già citata in precedenza, e già ricercata da molti, ma a conti fatti mai trovata del tutto.

La conclusione per questo elogio all'irrazionalità potrebbe a conti fatti risultare scontata, tuttavia per quanto semplice risulterà sempre l’unica via percorribile per evitare di incorrere in tirannie di ogni sorta.

Se il caos viene contenuto dalla ragione, al fine di creare meno danni possibili con la sua imprevedibilità, la stessa ragione non deve imporsi come unica legislatrice delle azioni umane. Dunque cosa dire? Ancora una volta: In medio stat virtus.