La psicologia nel corso della sua esistenza ha sempre cercato il modo per diventare una scienza esatta così come l’attuale scienza della personalità. Tuttavia nel corso del suo sviluppo si è affidata a pensieri di matrice filosofica per spiegare la natura dell’uomo e il modo in cui quest’ultimo agisce nel mondo, come sperimenta le situazione e come attribuisce significati alla vita che andranno ad intaccare la sua personalità. Un tema filosofico di notevole interesse della filosofia è l’esistenzialismo. Diversi autori hanno parlato dell’esistenza dell’uomo e ma ha trovato un suo terreno più fertile nel pensiero di Søren Kierkegaard.

Kierkegaard ha sempre ritenuto che la disperazione fosse comune a tutti gli esseri umani individuando tre tipi di disperazione:

  • essere diversi dal proprio sé autentico;
  • l’idea di non riuscire a realizzare il proprio potenziale;
  • domandarsi se si è realmente un sé duraturo capace di sviluppare una vita ricca di significato e di futuro.

Nel campo psicologico fra gli autori di spicco troviamo Viktor Frankl. Egli sosteneva che il voler trovare un significato alla propria esistenza è esclusivo degli uomini: la frustrazione e la nervosi derivano da un insoddisfazione personale che non hanno niente a che vedere con gli istinti. Al contrario è una fuga dalla libertà e dalla responsabilità attribuendo al destino la colpa della propria condizione.

GESTIONE DEL TERRORE

Per molti anni la filosofia esistenzialista ha avuto un impatto molto ridotto sulla psicologia, perché credevano che le persone non potevano essere comprese sulla base delle scienza causali come quelle indagate dalle scienze fisiche. Gli psicologi impegnati nella ricerca rifiutavano però la prospettiva degli esistenzialisti dando vita ad una psicologia sperimentale esistenzialista.

Si tratta di un tentativo di combinare due idee: da una parte i ricercatori vogliono comprendere le tematiche sollevate dagli esistenzialisti, questioni che riguardano il significato della vita, la paura della morte, la natura dell’esistenza e la responsabilità personale. D’altra parte, essi hanno fede nel metodo sperimentale e credono che la ricerca sperimentale possa dare un senso ai temi affrontati in precedenza dalla filosofia esistenzialista.

Un esempio particolarmente interessante della ricerca sperimentale esistenzialista è il lavoro sulla consapevolezza della morte negli individui. Gli esistenzialisti ritengono che l’idea della morte sia una caratteristica centrale dell’esperienza umana. Gli psicologi sono andati oltre le prime analisi filosofiche prendendo questa idea generale consapevolezza/paura della morte convertendola in specifiche ipotesi sperimentabili. Un passo significativo a questo riguardo è la teoria della gestione del terrore di Solomon. Esamina le conseguenze della combinazione di due fattori: il desiderio di vivere delle persone e la consapevolezza dell’inevitabilità della morte. La teoria della gestione del terrore sostiene che la consapevolezza della morte espone le persone a un’angoscia devastante.

Come riescono le persone a gestire il terrore? Come possiamo cogliere il senso della vita quando riconosciamo l’inevitabilità della morte, consapevoli del fatto che potrebbe verificarsi in ogni momento? I teorici suggeriscono che la risposta, in parte, è da ricercarsi nelle istituzioni sociali e culturali. Tali istituzioni svolgono una funzione psicologica e proteggono dal terrore. Le istituzioni culturali forniscono un supporto e un significato alla vita anche quando una persona è ben consapevole del proprio destino. In che modo? La risposta dipende dal luogo in cui si vive; differenti culture forniscono diversi sistemi di credenze: la religione sostiene l’esistenza di una vita ultraterrena: il credere in ciò attenua il terrore della morte.

Anche provando terrore all’idea della morte del corpo la persona può trovare conforto nella convinzione di una vita infinita dell’anima. Altre culture enfatizzano l’appartenenza dell’individuo a una larga cerchia di persone: la famiglia e la comunità. Anche morendo come individui troviamo un significato nel nostro continuare a vivere nella prole. Queste pratiche sociali rappresentano risorse in grado di aiutare le persone ad esorcizzare le paure. A questo punto è evidente che quando condividiamo un destino comune con le persone che ci sono accanto è più facile ridurre l’effetto ansiogeno della paura stessa: ci aggrappiamo a qualsiasi cosa, troviamo qualsiasi alternativa pur di non essere sopraffatti dalla paura.