Sin dai primordi, l'essere umano è in continua migrazione. Gli uomini non sono mai stati geneticamente isolati gli uni dagli altri, bensì sempre in continuo mescolamento. Il concetto di razza, secondo il genetista Luca Cavalli-Sforza non esiste. Questa teoria sarebbe un espediente storico che trae le proprie motivazioni politico-economiche a partire dall'epoca post-coloniale.

Una teoria antropologica priva di fondamento scientifico

La teoria secondo cui l'essere umano è suddiviso in gruppi distinti da caratteristiche fisiche e comportamentali ben definite, è stata un'idea motrice nell'economia coloniale.

Una dimostrazione evidente risiede nelle miriadi di pagine di storia che raccontano la riduzione in schiavitù delle popolazioni africane. La deportazione dall'Africa all'America è stato l'esito inevitabile della suddivisione in razze e la conseguente idea del popolo dell'Africa come etnia inferiore. Da qui, nei secoli immediatamente successivi, intellettuali e antropologi si affrettarono a cercare una collocazione razziale basata su un criterio logico di distinzione. L'esito di tale ricerca fu deludente ma comunque la catalogazione delle razze fu assodata con una conseguente postazione della razza africana al di sotto delle altre.

L'origine di innegabili differenze

Da dove provengono allora, tutte quelle diversità fisiche evidenti e difficilmente confutabili?

Richard Lewonin fu il primo genetista a contraddire la suddivisione in razze all'interno della specie umana, facendo riferimento a questa come un concetto presente esclusivamente nella testa di chi pensa. L'antropometria che studia le misure del corpo umano e le sue proporzioni con lo scopo di supportare le statistiche in ambito antropologico nello studio delle popolazioni ha una lacuna molto evidente: non tenere conto delle differenze genetiche che si evidenziano tra una generazione e quella successiva all'interno di quella che viene definita la stessa "razza".

Franz Boas, all'inizio del XX secolo pubblicò i suoi studi dimostrando quante differenze genetiche si evidenziavano tra una generazione e un'altra e nonostante la successiva scoperta Mendeliana sull'ereditarietà genetica, la scienza non riuscì a spiegare la connessione tra geni e razza.

Ha senso il razzismo?

Le piccole differenze che intercorrono tra un essere umano ed un altro non rappresentano altro che sottili sfumature, frutto di bassissime percentuali di differenze nel genoma.

Ogni persona è, dal punto di vista biochimico, uguale ad un'altra per il 99,5%. Per altro, una popolazione conserva all'interno del proprio corredo genetico il 90% della variabilità genetica, vale a dire tutte le varianti genetiche possibili. Questo è il motivo per cui porre dei limiti tra noi e gli altri è semplicemente bizzarro.