La Festa della Donna si sviluppa sull'asse USA-URSS ancor prima della Perestroika di Gorbaciov. Anche qui la (vera) politica sigilla il suo imprimatur, come in tutte le battaglie di civiltà. Siamo il 28 febbraio del 1909 ed il Partito Socialista americano celebra la Giornata Internazionale della Donna per affermarne il diritto al voto e, per naturale dilatazione, il suffragio universale. Le celebrazioni si estendono all'Europa, per osmosi politica. La prima guerra mondiale, che ne interrompe dapprima lo stato avanzato, favorisce successivamente il suo decollo nel 1917 a San Pietroburgo: la grande manifestazione guidata dalle donne comuniste, che coinvolge centinaia di migliaia di persone negli scioperi dei lavoratori, segna l'8 marzo come la Giornata Internazionale dell'Operaia.

Nel calendario della storia è l'inizio della Rivoluzione Russa e, indelebilmente, la fine dello zarismo.

In Italia l'eco diventa voce nel 1922 con le prime manifestazioni d'interesse; ma soltanto l'8 marzo 1946 evolve in festa nazionale, sotto l'egida della sinistra riunita nel colore giallo della Mimosa. Nelle intenzioni della sua ideatrice Teresa Mattei, fondatrice e presidente dell'UDI (Unione Donne in Italia), un fiore povero e diffuso in campagna, a differenza della più nobile violetta dei cugini d'oltralpe. Da quei tempi ne ha percorsa di strada, la donna: come la specie pioniera della mimosa attecchisce ovunque, non rinuncia mai. È diventata il fulcro della famiglia, che ha subito palesi trasformazioni, detronizzandone la patriarcalità.

Le vessazioni indiscutibilmente subite, presenti tuttora in certi ambiti familiari, religiosi o lavorativi, sono state il trampolino di lancio per l'affermazione della sua dignità personale, di genere e di diritto.

Mentre sembrano essersi moltiplicate le donne du du du, in cerca di guai, cantate da Zucchero, il Teorema di Ferradini ('Prendi una donna, dille che l'ami, scrivile canzoni d'amore, falla sempre sentire importante … Prendi una donna, trattala male, fallo come se fosse un favore …') appare controcorrente rispetto alla spregiudicatezza dei nuovi rapporti tra i sessi, dove il debole non viene più attribuito con certezza ed il gentil è spesso maleducato, donde provenga, da Marte o da Venere.

Dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna. La frase, impropriamente attribuita da taluni alla scrittrice inglese Virginia Woolf, si rifà in realtà al verso latino Dotata animi mulier virum regit per omaggiare la donna d'animo forte che sostiene il marito. Ovvero la famiglia. La forza della donna è indiscutibile. Aldilà della forza fisica, psicologica, bruta di qualunque uomo.

Non sprechiamo il libero arbitrio raggiunto e ben descritto da Dante nel Canto XVI (52-81) del Purgatorio; non cediamo all'ignavia della volontà soggiogata ed affaccendata dietro a figli da accudire, a lavori da attendere, ad happy hour con le amiche o a rapporti da mantenere con l'altro sesso (marito, ex, amante, compagno, pinco pallino). La consapevolezza dell'emancipazione raggiunta sia d'aiuto per rincorrere anche i doveri.

Non falliamo l'ennesima occasione per riflettere su dove stiamo andando e considerare, Uomini e donne insieme, la libertà della donna come un dono. Anche per non distogliere l'attenzione o abbassare la guardia sulla violenza domestica come sensibilizzazione sociale; non certo come femminicidio, che la discriminazione giornalistica ha elevato all'attenzione mediatica ben oltre l'aggravante dell'uxoricidio (già prevista dal codice penale art. 577) e le femministe, quelle poche che resistono ancora, vorrebbero affibbiare solo al maschio per l'unica colpa di esserlo.

Viva la donna. La donna è per sempre.