Insomma, poco importa se una donna fa sfoggio degli stessi titoli accademici e professionali di uomo: quest’ultimo ricoprirà comunque un ruolo più alto rispetto alla prima, ritenuta, per qualche strana ragione, “meno esperta”.

Secondo i dati di Accenture una donna ha meno probabilità di ottenere un lavoro retribuito rispetto ad un uomo: rispettivamente il 50% delle possibilità contro un 76%. Inoltre, la media salariale - a livello mondiale - riporta un forte gap da colmare: se un uomo guadagna 140 dollari, una donna ne guadagna 100 (a parità di lavoro).

E se “in Italia, per ogni 100 dollari guadagnati da una donna un uomo ne guadagna mediamente 131”, in Inghilterra e Germania la situazione sembra essere peggiore: 131 dollari contro 160. Un gap sostanziale che, probabilmente, secondo le statistiche, potrà essere colmato non prima del 2049. Ma quali sarebbero le ragioni di questo divario?

Le donne di Google: la leadership non fa per loro

Che Google retribuisse meno i dipendenti di sesso femminile è notizia recente. Big G, infatti, era stato denunciato da alcune dipendenti a causa di un divario sostanziale tra la loro retribuzione e quella dei colleghi di sesso maschile. Insomma, il colosso di Mountain View pagherebbe le donne molto meno rispetto ai colleghi uomini, pur svolgendo lo stesso lavoro e pur possedendo gli stessi requisiti.

Un settore tecnologico quasi totalmente dominato dal sesso maschile nel quale, da sempre, le donne lamentano una forte discriminazione. E parliamo anche di molestie sessuali.

Non solo vittime di comportamenti sessisti, quindi, ma anche pagate meno di quanto meriterebbero. La denuncia avrebbe fatto emergere dati impressionanti, mettendo in luce un contesto lavorativo assolutamente deprimente per le donne.

Gli uomini di casa Google ricevono stipendi più alti, con tanto di bonus, aumenti salariali e promozioni. Le donne, invece, no, nonostante dimostrino di essere più qualificate rispetto ai colleghi uomini.

Quella di Kelly Ellis, ingegnere software assunto nel 2010 da Google, è una storia che ha dell’assurdo: eppure è soltanto una delle centinaia storie di donne all'interno di casa Google.

Dipendenti meno qualificati di Ellis sono stati promossi a posizioni di maggior rilievo all’interno dell’azienda: la sua domanda di promozione, invece, è stata negata. Kelly Ellis ha deciso così di licenziarsi, di lasciare il suo posto ad un uomo meno qualificato di lei, ma comunque retribuito molto più di lei. Non ha rinunciato a sporgere immediatamente denuncia, nonostante l'azienda fosse una delle più importanti al mondo. La risposta di Google? «Manca di abilità tecnica». Le donne, quindi, pare non possiedano "abilità tecnica", tutto qui. Fatevene una ragione.

Se gli uomini possono essere ambiziosi, le donne devono dispensare “amore

Secondo una ricerca condotta dall’European School of Management and Technology di Berlino, le donne non devono soltanto dimostrare di essere brave nel proprio lavoro, ma anche di essere aperte, disponibili, accondiscendenti e comprensive.

In poche parole, materne. Esserlo sembrerebbe l’unico modo, per le donne, di fare carriera all’interno di una piccola, media o grande impresa.

Ne è l’esempio vivente una multinazionale, volutamente rimasta anonima, che ha fornito una dettagliata tabella di valutazione sui propri 236 dipendenti, dei quali il 22% è composto dal “gentil sesso”. I dipendenti uomini che avevano dimostrato più ambizione e self-confidence erano stati premiati di più rispetto alle donne che avevano fatto lo stesso. Per raggiungere lo stesso livello di valutazione avrebbero dovuto, invece, dimostrare di essere “amorevoli” e aperte alle relazioni. Insomma, a quanto pare un uomo può permettersi di essere burbero e asociale, ma se mostra ambizione va premiato.

La donna non può permettersi di essere burbera e asociale né, tantomeno, di mostrare ambizione. Il suo scopo sarebbe quello di dispensare consigli e fare la mamma.

Gender gap all’italiana: le professioniste sono in tv e nei call center

Potere agli uomini!” potrebbe essere lo slogan perfetto per descrivere la situazione lavorativa italiana. È vero, ci sono più donne che lavorano rispetto a qualche decennio fa, ma poche, pochissime di loro riescono a ricoprire ruoli di rilievo, sia a livello istituzionale che privato. Volontà loro? Mancanza di “abilità tecnica” come dice Google? Mancanza di requisiti? No, niente di tutto questo.

Parliamo di salari, piuttosto. “Tra un dirigente uomo e una donna ci sono ancora 11mila euro annui lordi di differenza in busta paga”.

Se gli uomini percepiscono una retribuzione lorda di 30.676 euro, a parità di lavoro, le donne ne guadagnano mediamente 27.228: il 12% in meno: sono i dati del gender gap Report 2017 di Job Pricing. Se nella lista delle posizioni di grande rilievo, nel mondo, le donne ricoprono una parte impercettibile del quadro complessivo, soltanto il 40%, per quanto riguarda l’ambito degli impiegati le donne riescono a superare gli uomini con un 57%.

A livello manageriale, l’unica italiana a ricoprire una posizione di potere nel Belpaese è Ornella Barra, dirigente del Walgreens Boots Alliance. Diversa, invece, la situazione delle colleghe manager asiatiche, che sempre più si ritrovano a dirigere importanti aziende a livello internazionale.

Insomma, in Italia predominano ancora le soubrette e le donne di spettacolo. E quelle poche donne che hanno ottenuto cariche politiche di prestigio finiscono ancora sulle riviste di gossip per qualche chilo di troppo.

La battaglia non è finita, eppure pare non ci sia molto altro da dimostrare.