Il ministro dell'economia Padoan continua a negarlo, l'ultima volta sul Corriere oggi in edicola: non ci sarà una manovra correttiva in autunno. Lo ripete quasi come un mantra. Ma i conti sembrano dire tutt'altro. Infatti le proiezioni effettuate dal Ministero dell'economia per il 2014 era basate su una crescita del PIL dello 0.8%, ma i fatti stanno andando in un'altra direzione: il primo semestre dell'anno e' andato molto peggio del previsto, e per la seconda parte dell'anno non si possono attendere miracoli, nè ci sono segnali di un corposo cambiamento.

Confindustria stima alla fine dell'anno una variazione dello 0.2%, qualcun'altro, più ottimista, punta allo 0.3%. Valori comunque ben lontani dallo 0.8 previsto, meno della metà, giusto per essere sintetici. Il buco che si verrà a creare con queste condizioni sarà di circa 8 miliardi di euro. Bisogna inoltre aggiungere che Renzi ha assicurato che il bonus di 80 euro in busta paga verrà confermato anche nel 2015, e questo costa altri 10 miliardi. A questo punto i problemi sono due: dove trovare questi 18 miliardi e come trovarli in così poco tempo.

Padoan conferma la cessione di quote nelle partecipate, ma aggiunge anche che ci vorrà del tempo in più per valorizzarle appieno ed evitare di svenderle o, peggio, di togliere dal controllo dello Stato settori strategici per il nostro Paese.

Ci sarebbe la possibilità di ridurre le spese, ma, come osservava qualche giorno fa Alberto Crepaldi dalle colonne de Il Fatto, il termine "spending review" sembra completamente scomparso dall'agenda politica italiana. Noi vogliamo essere più ottimisti ed immaginiamo che Cottarelli lavori in silenzio alla razionalizzazione e contenimento delle spese, ma dobbiamo pure ammettere che per ottenere risultati significativi e soprattutto senza causare disagi o peggio danni gravi, la pratica va trattata colla massima attenzione e ponderazione, e soprattutto deve scontrarsi con una burocrazia lenta ed avversa ad ogni cambiamento.

E questo inevitabilmente richiede tempo, molto tempo. Tempo che Renzi non ha. La terza possibilità di trovare i 18 miliardi mancanti è quella di trattare con l'Europa, ma qui la faccenda si fa complicata. Tutti parlano della necessità di dare preminenza alla crescita, ma c'è uno zoccolo duro che non vuole assolutamente sentire parlare di allentare le redini.

Alla fine si tratterà, anche perchè non è solo l'Italia ad essere in difficoltà, vedi ad esempio la Francia, ma si dovrà giungere necessariamente ad un compromesso. Carlo Pelanda su 'IlSussidiario' oggi stimava la possibilità di recuperare in questo modo 6-8 miliardi. Di certo una stima azzardata, ma del resto ancora più azzardata era la stima del +0.8% del PIL del Governo. Se la matematica non è un'opinione, e se crediamo ai presupposti elencati sopra, il risultato e' 10-12 miliardi di nuove tasse entro fine anno. Siamo ottimisti ed arrotondiamo a 10. 10 miliardi di euro. Speriamo intanto che la spending review, benchè in silenzio, proceda spedita.